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Ecco come possiamo difendere l’oro del Sud
23 Lug 2013 16:02

La produzione di olio di oliva è prerogativa del sud Italia. Mediamente ogni anno in Italia vengono prodotti circa 6-7 milioni di quintali. Puglia, Calabria e la Sicilia hanno un’incidenza nella produzione nazionale di oltre l’85%. Solo la Puglia totalizza il 37%.

La rimanente produzione che ha una certa rilevanza è di Toscana, Liguria, Umbria e Abruzzo.

Secondo Interpol ed Europol la contraffazione alimentare in Italia sviluppa circa 260mila euro al giorno di falso made in Italy. Un quadro allarmante che viene confermato anche dal rapporto Eurispes Coldiretti sulle agromafie. Solo per l’olio di oliva nel nostro Paese si può calcolare un mercato parallelo del falso pari a 100milioni di Euro all’anno; e si tratta di una cifra per difetto e che non tiene conto di quanto falso made in Italy circoli all’estero. Una cifra enorme che sottrae Pil al Paese e quindi reddito e occupazione.

Tutelare l’olio extravergine di oliva dalle frodi e dalle contraffazioni, senza se e senza ma, per rendere altamente competitivo il prodotto, più consapevole il consumatore e per aiutare in maniera concreta l’economia ed il territorio è la finalità del progetto PIVOLIO (Processi Innovativi per la valorizzazione dell’olio extravergine di oliva nelle province di Bari e Foggia). Finanziato dal ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca con 4 milioni di euro, mette in sinergia l’Università degli Studi di Bari, l’Università del Salento, il CNR (Istituto di Fisiologia Clinica) di Lecce, il CRA-OLI (Centro di Ricerca per l’Olivicoltura e l’industria olearia) di Rende (Cosenza), il Consorzio CARSO, Oliveti Terra di Bari e Apuliabiotech.

Sono 400 le aziende agricole coinvolte nell’iniziativa. Si partirà dall’analisi del terreno e delle foglie per capire il dna della pianta e dare identità alle produzioni. “Dimostreremo – ha dichiarato Gennaro Sicolo, dell’organizzazione di produttori Oliveti Terra di Bari – che gli oli pugliesi sono i migliori per le sostanze organolettiche che contengono”.

Sarà l’analisi, in particolare Nir (una spettroscopia) nei frantoi e l’identificazione del prodotto mediante risonanza magnetica nucleare, a consentire di rapportare la tracciabilità del materiale di origine da cui l’olio (monovarietale) è stato prodotto e di presentare in etichetta il contenuto di micronutrienti, le capacità organolettiche e le proprietà nutrizionali, l’attività antiossidante e anti-infiammatoria.

“La certificazione – ha aggiunto Sicolo – arriverà a partire dal 2015 sulle bottiglie. Le cultivar scelte sono tra le più rappresentative della produzione pugliese: Coratina, Ogliarola barese, Cima di Bitonto, Cima di Mola e Peranzana ottenute da 15 differenti aree geografiche. Le maggiori informazioni fornite ai consumatori contribuiranno a rendere più competitivo l’olio sul mercato”.

Ogni anno nel mondo si consumano oltre due milioni di tonnellate d’olio d’oliva e questo richiede enormi quantità di olio di qualità e prezzo standard da poter distribuire in tutti i supermercati del mondo.

In Italia l’olio in commercio è per la maggior parte extravergine, la categoria più alta, seguita da “vergine” e “lampante”. L’olio “lampante” non è considerato commestibile, ma spesso viene “lavato chimicamente” e reso commestibile. Questa categorizzazione è regolamentata dal Consiglio Internazionale dell’Olio di Oliva, un istituto internazionale che raggruppa le nazioni produttrici di olio d’oliva, che gestisce il mercato internazionale dell’olio e stabilisce i parametri per i test di qualità.

Essendo l’olio un prodotto molto malleabile, è possibile – tramite miscelazione – raggiungere i parametri qualitativi richiesti. Di conseguenza, la maggior parte dell’olio venduto nel mondo è una miscela di oli di diversa origine e qualità. Questa è una pratica perfettamente legale, oltre che universalmente adottata.

Una prassi che ha spalancato le porte in questi anni al rischio di frode, promuovendo un sistema in cui le tentazioni a commettere irregolarità sono elevate.
Ma qualcosa si è mosso. L’olio d’oliva che arriva sulle nostre tavole presto non avrà più segreti. L’Unione europea – e in particolare il Comitato di gestione Ocm, per l’organizzazione comune dei mercati agricoli – ha aggiornato due regolamenti (il 2568/1991 e il 29/2012) sulla vendita e i controlli dell’olio: i due provvedimenti, in vigore dal primo gennaio 2014, migliorano la trasparenza delle diciture.

Etichette più leggibili, con origine e categoria del prodotto scritte in caratteri grandi. Bottiglie monouso per i ristoranti e prezzi sempre a portata di tasca. E poi produzione e prezzi sotto controllo.

Le novità riguardano anche la fase di produzione dell’olio. Per ogni azienda è previsto l’obbligo di tenere un apposito registro ‘a partita doppia’, sul quale annotare entrate e uscite per le varie categorie commerciali, fino alla fase di imbottigliamento dell’olio. L’albo servirà a garantire la tracciabilità. Inoltre l’Ocm ha promesso più controlli sui prezzi del condimento, uno dei più amati dagli italiani che ne consumano circa 14 chili a testa ogni anno, in base ai calcoli di Coldiretti.

E poi c’è la “legge salva olio”, meglio conosciuta come legge Mongiello che offre un quadro normativo più chiaro a tutela delle imprese e a garanzia del consumatore, facilitando l’operato degli inquirenti. Lo step successivo sarà una commissione parlamentare d’inchiesta anticontraffazione.

In Puglia, grazie a Pivolio, che ha messo in rete università, laboratori, e istituzioni, si farà qualcosa in più: si lavorerà per rendere indiscutibile e soprattutto tangibile la qualità di prodotto. La sua origine, il legame con il territorio. Un sistema a sostegno dello sviluppo e della promozione del condimento più buono del mondo.


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