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Il coraggio dell’onestà. Intervista a Daniele Pecci
17 Apr 2016 08:35

Lo stiamo vedendo tutte le domeniche nella fiction “Come fai sbagli”, in onda dal 20 marzo su Rai1. Daniele Pecci  interpreta Walter Spinelli, un giornalista pubblicista che si occupa di gossip, anche se vorrebbe scrivere di altro; veste  i panni di un padre permissivo, convinto che il modo migliore per educare un figlio sia quello del dialogo e della fiducia, è un uomo tranquillo e riflessivo, oltre che un attento osservatore della realtà che lo circonda.

Abbiamo visto Daniele Pecci nei ruoli più diversi, da Shakespeare alla commedia, pur mantenendo quella classe e  quella gentilezza che lo contraddistinguono nel mondo attoriale italiano. Non solo piccolo e grande schermo, ma anche molto teatro; quest’ultimo, una vera e propria passione iniziata in adolescenza, quando, su invito di un insegnante liceale, ha partecipato a un seminario teatrale durato circa un anno. Da quel momento, Daniele non si è più fermato. La sua è una vita riservata ma piena; d’altro canto quella di un attore non può che essere una vita ricca di emozioni per far sì che sul palco la si esprima al meglio. Pecci non è soltanto un interprete che ha la forza di uno sguardo che riesce ad arrivare al cuore dello spettatore emozionandolo, ma molto di più; è un interprete che ha una delle qualità più rare, ovvero il coraggio dell’onestà, del non arrendersi dinnanzi a sfide non così semplici per un attore degno di questo mestiere.

Chi è Daniele Pecci oggi?

E’ un attore che ama profondamente il mestiere che ha scelto.

Posso chiederle per quali motivi ha deciso di fare questo mestiere?

Non sono mai stato uno studente amante della lettura, o almeno non più di tanto. Un giorno però mi sono imbattuto in testi che lentamente hanno stimolato la mia curiosità a tal punto da farmi riflettere sulla visione del mondo e, in generale, sulla vita. E’ come se fossi stato rapito da una sorta di fascinazione che ben presto mi ha permesso di essere portavoce della bellezza, di quella bellezza trovata nei romanzi e nei testi teatrali. Da quel momento,  ho capito che forse  fare l’attore sarebbe stato il mezzo per me più straordinario per poter essere in qualche modo partecipe di quello che avevo letto.

Qual è il compito di un attore nei confronti di un pubblico secondo lei?

Credo che abbia il compito di raccontare lo splendore di quei testi, la loro poesia, coinvolgendo sempre di più lo spettatore, emozionandolo, con la propria sensibilità e intuizione.

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Ha iniziato con il teatro.  Che cos’è per lei? 

E’ il mio passato, perchè ho iniziato con lui, ma è anche il mio presente, esattamente come sarà, senza alcun dubbio, il mio futuro. L’amore per il mio mestiere è nato proprio leggendo e mettendo in scena testi teatrali. Quando sogno, sogno il teatro.

Ci racconta del suo debutto televisivo?

Ho cominciato con “Il bello delle donne”, uno sceneggiato per Mediaset, anche se qualche anno prima, quando disperatamente cercavo il cinema, avevo fatto una piccola apparizione ne “Il deserto di fuoco”.

Un ruolo che è rimasto caro al pubblico è quello di Pietro Pironi in “Orgoglio”, perchè secondo lei?

Pietro Pironi aveva il carisma e la responsabilità di portare avanti una storia che in un modo o nell’altro era fortemente carica di emozioni. Era un personaggio dalle innumerevoli qualità morali, rappresentava una sorta di ideale, era un uomo molto sincero, onesto, molto innamorato, molto legato alla famiglia e alle amicizie. Emanava talmente tanta positività da rischiare di scivolare, a tratti, nella poca credibilità. Impersonandolo, ho cercato di “sporcarlo” un po’, rendendolo il più umano possibile.

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Tornando al teatro, ha interpretato uno dei personaggi più complessi di Sofocle. Com’è stato interpretare Edipo?

E’ meraviglioso portare in scena un personaggio come quello! Non è stato solo scontrarsi e misurarsi con un personaggio mitico e molto complesso, ma molto di più. E’ stato come avere un dialogo diretto con uno dei testi teatrali più affascinanti in assoluto. E’ riscoprire il senso profondo del proprio mestiere, è vedere la partecipazione delle persone che ancora alla luce del giorno segue lo spettacolo, è ammirare la forte unione tra palcoscenico e platea, è capire, attraverso Edipo, quanto sia fondamentale mantenere vive le proprie origini, le proprie radici, perchè seguire una tragedia è, in qualche modo, il paradigma di noi stessi. Sul palcoscenico cercavo me stesso, Edipo cercava sé stesso, esattamente come il pubblico cercava sé stesso; ecco che il rito del teatro poteva dirsi compiuto.

In queste settimane, la stiamo vedendo in prima serata su Rai1 con “Come fai sbagli”, cosa l’ha conquistata di questa fiction?

Posso dirle che la Rai ha sempre avuto molto interesse nei miei confronti, proponendomi film e fiction molto interessanti e di questo non posso far altro che dire Grazie. Tra le tante proposte, ho accettato molto volentieri questa perchè sembrava mi potesse offrire un personaggio un po’ diverso da quelli fino ad ora interpretati, una tematica, quella dell’educazione, che, pur nella leggerezza, poteva essere molto interessante e non solo intrattenimento.

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Interpreta Walter Spinelli. Cosa ci racconta di lui? Avete qualcosa in comune?

Non è semplice rispondere a questa domanda a dire il vero; mi è più semplice dire com’è lui che non come sono io. Se il pubblico mi dirà che è ben interpretato e che ha una spontaneità e una credibilità sufficienti a veicolare il messaggio che tutta la fiction porta, è evidente che questo Walter Spinelli è una delle mie possibilità, abbiamo cioè in comune tutte quelle caratteristiche che funzionano. Questo non implica che io nella vita sia come lui, anche se parte della sua flemma e riflessione sono mie.

Posso chiederle che tipo di figlio è lei? Qual è il compito più importante di un genitore?

Sono stato un figlio molto tranquillo e sereno, riflessivo ma anche sognatore in un’infanzia davvero  spensierata. Credo che un genitore debba fornire al proprio figlio gli strumenti necessari per capire la realtà che lo circonda, piuttosto che dirgli cos’è il bene e cos’è il male, cosa deve o non deve fare; soltanto in questo modo secondo me gli si lascia la possibilità di essere libero.

Tra tutti i personaggi da lei interpretati tra cinema, televisione e teatro, quale ricorda con maggior piacere?

Epido è uno di questi, esattamente come Amleto che mi ha segnato moltissimo perchè è stata la messa in scena di uno studio durato più di 25 anni. Per quanto riguarda il cinema, sono molto legato a “Fortapàsc”, il bellissimo film di Marco Risi in cui interpretavo un capitano dei carabinieri pugliese. Sono molto grato alla televisione perchè mi ha permesso di spaziare nei ruoli più diversi; in particolare custodisco gelosamente “Crimini bianchi”, una fiction di canale 5 che ha avuto il coraggio di trattare il difficile rapporto tra la malasanità e la politica, un argomento davvero molto scomodo per il nostro Paese tanto da chiederne la sospensione. Non era soltanto una serie tv di intrattenimento, bensì anche uno spaccato di cronaca molto attuale.

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Cosa consiglierebbe a quei giovani che vogliono intraprendere la carriera di attori?

Questo è un mestiere davvero molto difficile, ancora di più se lo si svolge in Italia. Se un giovane ha una tensione verso questa professione e non riesce ad imporsi, vuol dire che non ha la grinta necessaria che reputo fondamentale. Se un giovane ha anche tre ripensamenti su dieci pensieri positivi, è il caso che non cominci nemmeno. Questo è un mestiere per chi su dieci pensieri ne ha cinquanta positivi, per cui affronta questa sfida come l’unica possibilità di riuscire nella vita. Sicuramente la fortuna è una componente che aiuta, ma essere attori oggi come oggi vuol dire avere una volontà più forte degli eventi.

Cosa vorrebbe arrivasse di Walter Spinelli al grande pubblico?

Tra i quattro genitori, il mio personaggio credo sia quello più riflessivo di tutti, non a caso è anche la voce narrante di tutto il film. Quando viene inquadrato, è molto spesso in silenzio, è un osservatore, un riflessivo e il suo leggero ritardo nei confronti dell’azione che si svolge gli permetterà forse di intuire quale sia la strada migliore per educare un figlio. Mi piacerebbe che il pubblico riconoscesse in Walter Spinelli un uomo onesto, un padre umano che ha fatto degli errori ma che sta cercando di cambiare. Vorrei che ogni padre riconoscesse in lui una semplice autenticità e che capisse che probabilmente attraverso una paziente riflessione è possibile instaurare un legame profondo con i propri figli.

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Quest’intervista verrà pubblicata in Resto al Sud. Posso chiederle quale sia il rapporto con il Sud?

Quando penso al Sud, penso a territori prima sfruttati e poi lasciati soli, abbandonati a se stessi. Forse sia dalla sua nascita, nel nostro Paese è emersa subito quella disparità che invece non ci sarebbe dovuta essere, una disparità che continua ad esserci purtroppo. Credo che il Sud del mondo sia la parte più bella dell’Italia. Il nostro è uno Stato molto variegato e sono dell’idea che questa diversità di cultura, pensiero, suoni, odori e colori sia anche la sua vera e magica bellezza.

Quali sono i suoi prossimi progetti?    

Ci sarà il nuovo allestimento dell’Amleto che debutterà a Roma al teatro Quirino aprendo la nuova stagione teatrale e che sarà in tournèe per circa sei mesi in tutt’Italia.

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