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“In chiesa ti aspetto da vivo…”. La provocazione di Don Mimmo
19 Mar 2014 07:31

“L’insegnamento della chiesa appare oggi a molti cristiani lontano dalla realtà e dalla vita…Le comunità spirituali costituiscono spesso l’ambito e il clima spirituale per le comunità familiari…”.

Lo ha scritto il cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, nel testo “Il vangelo della famiglia” con il quale ha aperto, per volontà di Papa Francesco, il concistoro straordinario sulla famiglia lo scorso febbraio.

Deve essersi sentito investito di cotanta responsabilità Don Mimmo Parlavecchia, parroco della chiesa di San Rocco a Bari, che ha avuto una trovata di marketing macabro-goliardica. E che se non fosse un suo prodotto integrale sarebbe un’uscita alla Conte Mascetti: una foto di sei becchini che sorreggono una cassa funebre all’ingresso in chiesa accompagnata dalla scritta “Non aspettare di essere portato a messa. Vieni tu stesso”. E poi sotto, a pennarello rosso la scritta fatta a mano: “Ti aspetto da vivo! Don Mimmo”.

La fotoUna provocazione, una eccellente trovata di marketing, una genialata a tutti gli effetti direbbero i creativi, che ha animato in città un discreto dibattito fra fedeli e che ha coinvolto –  come riferisce oggi la Gazzetta del Mezzogiorno che ha dato in esclusiva la notizia da cui Resto al Sud ha tratto le immagini – anche i parroci di altre chiese. Tutti concordi nell’affermare il dilagante disimpegno nei confronti delle funzioni liturgiche, nonostante questo Papa abbia riavvicinato molte anime alla Chiesa.

Don Mimmo ci tiene a sottolineare che la sua parrocchia è molto frequentata ma che vorrebbe che lo fosse anche da quanti finisce per conoscere – si fa per dire – solo da morti. Il suo è un invito all’ “aldiqua” nella sua parrocchia prima dell’ “aldilà”, perché una vita di fede non può limitarsi alla messa di un funerale ma deve invece arricchirsi dell’eucarestia domenicale, se non altro almeno partecipando alla messa. I sacramenti “Non solo suppongono la fede ma la nutrono, la irrobustiscono e la esprimono”, come si legge nel Concilio Vaticano II.

“Tra la dottrina della chiesa e le convinzioni vissute da molti cristiani si è aperto un abisso”, scrive ancora Kasper, che passerà alla storia per la sua timida apertura – che non poche riflessioni ha stimolato – alla concessione dell’eucarestia ai divorziati risposati. La parola “abisso” dice tutto. Evoca distanze difficili da colmare con più fronti aperti, ultimi i matrimoni omosessuali, le adozioni di queste coppie, il proliferare dei divorzi, questioni roventi come le definisce lui.

Il suo scritto è la punta di diamante degli smottamenti teologico-dottrinari che stanno accompagnando la chiesa “ospedale da campo” del nuovo pontefice. Tanto da far ipotizzare a qualcuno che il Sinodo della Famiglia possa trasformarsi in un Vaticano III.

Il Kasper pensiero dilaga e al di là delle dispute fra conservatori e progressisti, pur sottolineando che la dottrina non cambia e che le novità riguarderebbero solo la prassi pastorale, non resta che constatare che il paradigma di Papa Francesco, la sua cifra altamente innovativa, abbia dato vita ad una serie di fughe in avanti, di quel cardinale o di quel parroco, in nome della misericordia di Dio. Tanti piccoli azzardi evangelici, accomodamenti progressivi a fin di bene per riavvicinare il popolo alla cristianità ed ai suoi precetti prima ancora che valori, ricominciando proprio dalle parrocchie. Dove è sempre meglio, per dirla con Don Mimmo, entrare più spesso da vivi prima che definitivamente da morti.


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