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La denuncia di Ciro Formisano. “L’esodo”, intervista al regista
18 Giu 2018 07:00

Francesca è una 60enne che si ritrova improvvisamente senza lavoro e senza reddito in seguito alla Riforma Fornero che ha visto coinvolte oltre 400 mila persone. Dopo aver bussato a diverse porte, Francesca finisce a mendicare in Piazza della Repubblica a Roma. I passanti rimangono colpiti dalla sua immagine, così distinta e così lontana dallo stereotipo della mendicante. Con la forza della dignità, la donna riesce a superare l’imbarazzo dei primi giorni. Ben presto, conoscerà il tedesco Peter, uno dei primi che riesce a strapparle un sorriso, una zingara che cerca di cacciarla per difendere “la sua zona” e Cesare, un uomo affidabile che tenta di infervorare l’animo della donna, aizzandola alla protesta. Il tutto si complica quando una giornalista le chiede di raccontarle la sua storia. Abbiamo intervistato Ciro Formisano, regista del film.

Chi è Ciro Formisano?

Un artigiano di storie. Ho iniziato a inventare storie per immagini all’età di 8 anni. Solo più avanti negli anni ho capito che quella mania poteva diventare una realtà e che quelle storie potevano davvero prendere forma.

Sei nato a Napoli. Cosa rappresenta per te questa città?

Ho lascito Napoli in età adolescenziale per studiare e  vivere a Bologna, Firenze e Roma. Napoli è un sogno per me, uno di quei sogni che ogni tanto mi piace ricordare e rivivere.  Adesso che il cinema partenopeo sta riscoprendo una nuova identità non fa che accrescere in me il desiderio di realizzarci qualcosa: un ritorno alle origini che hanno sempre fatto parte di me.

Com’è nata la tua passione per il cinema?

Il cinema è sempre stato presente nella mia vita. Da bambino grazie ai miei genitori, più per passione e ancora dopo per necessità. Vedere e vivere un film significa uscire dalla tua vita per qualche ora per poi tenere con te un pezzetto di quell’esperienza che può darti.

Sei stato al cinema con “L’esodo”. Perché hai scelto di fare questo film?

Ho iniziato a seguire le proteste degli esodati sul nascere, nel 2012. Ho iniziato a raccogliere testimonianze con l’idea di realizzarne un documentario. Ho così prodotto “Figli dell’Esodo”.

Successivamente ho capito che un documentario sarebbe stato poco fruibile da chi non era colpito dal problema, quindi ho scritto un romanzo dal quale poi è stata tratta la sceneggiatura de “L’Esodo”.

Protagonista indiscussa è Daniela Poggi. Per quali motivi hai scelto lei?

Daniela Poggi era per età, per esperienza e talento l’unica che poteva impersonare Francesca, la protagonista del film. L’esperienza del lavoro con lei mi ha solo arricchito. E’ un’attrice con la A maiuscola, un concentrato di sensibilità e padronanza espressiva che si mette totalmente a disposizione dei personaggi a cui riesce a dare vita. Non è soltanto la colonna portante di questo film, ne è il vero asso nella manica. Mi sento enormemente fortunato che abbia accettato di prendere parte alla mia opera prima e la auguro davvero a tutti quelli che vogliano dare un valore aggiunto al proprio lavoro.

Tratti una tematica molto delicata, ovvero la situazione nella quale quasi 400 mila persone si sono trovate dopo la Riforma Fornero. Chi è Francesca?

Francesca è un’esodata che per soccombere alla grave situazione finanziaria in cui riversa si vede costretta a chiedere l’elemosina in piazza. Quello che colpisce di lei è sicuramente l’immagine di una donna non dimessa, ma di quella che può essere la nostra vicina di casa. Nonostante il dramma che vive non perde per un solo istante la sua dignità. I suoi occhi esprimono costantemente il disagio di un’Italia malata ma che non vuole e non può arrendersi.

Chi sono gli Esodati?

Sono le prime vittime della riforma pensionistica Fornero, persone che a causa dell’improvviso innalzamento dell’età pensionabile sono rimaste per molti anni senza stipendio e senza pensione. Nel film li definisco “mendicanti di stato” poiché la rottura di un patto proprio con uno Stato, che avrebbe dovuto tutelarli, ha generato in essi una perdita di fiducia verso le istituzioni ma soprattutto verso loro stessi. La rottura di un patto tra stato e cittadino è davvero inammissibile in qualunque società civile.

Cosa pensi della Riforma Fornero?

E’ una riforma iniqua e frettolosa, ma nonostante questo risulta ancora oggi intoccabile.  Il governo Monti non avrebbe dovuto terminare il proprio mandato sapendo di aver procurato così tanti disagi ai cittadini.

Cosa vorresti arrivasse al grande pubblico de “L’esodo”?

Il film non è uno spiegone del problema. Narra la vicenda umana di un individuo, di una donna, madre, nonna Italiana. I sentimenti e gli stati d’animo di Francesca accompagnano lo spettatore in un percorso emozionale e alla fine senza accorgersene ha piena consapevolezza del problema. Utilizzare il cinema come strumento di protesta è stato un rischio grosso, sia perché è il mio primo film, sia perché le persone rifuggono dai problemi che vivono e sentono quotidianamente, anche in momenti di svago. Ma il cinema nel nostro Paese è stato anche questo e forse è stato il nostro cinema migliore. Inoltre, se in tanti Paesi troviamo il cinema nella categoria dei quotidiani, sotto la voce “enterteinment”, e in Italia lo troviamo ancora sotto la voce “cultura” un motivo ci sarà.

I tuoi prossimi progetti?

Mi piacerebbe trattare di adolescenti. Altro tema scottante della nostra Italia che però in pochi riescono a trattare con la dovuta introspezione.


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