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La diga in costruizione in Kurdistan rischia di scatenare la guerra dell’acqua
18 Ott 2013 07:38

Nel 2006 il governo Turco decise di costruire la diga di Illisu sul fiume di Tigre (Dicle) nel cuore del Kurdistan della Turchia. Così il governo “democratico e civile” turco ha cominciato a distruggere l’intero territorio del Kurdistan, altro che le riforme democratiche annunciate il 30 settembre scorso dal primo ministro Turco Recep Tayyip Erdoğan.

Durante tutti gli anni ’90, le forze di sicurezza turche hanno distrutto sistematicamente 3.349 villaggi kurdi e reso profughi più di due milioni e seicentomila Kurdi – con essi anche Cristiani assiro-aramaici. Fino a oggi le autorità turche hanno rifiutato la ricostruzione dei paesi, anzi, con la costruzione della diga di Ilisu, più di 313 Km quadri di terreno lungo il Tigri verrebbero inondati. Tra essi anche parte del sito archeologico e storico di Hasankeyf, nel cuore del Kurdistan a 32 km da Batman, dove si trovano le rovine della capitale artuchide del XII secolo.

I basamenti attualmente visibili del ponte  che un tempo si stendeva sul fiume Tigri, e collegava le due parti della città con il palazzo ora in rovina, situato all’interno della cittadella, evocano i fantasmi di una dinastia svanita. Hasankeyf è forse il centro più importante per la cultura curda, meta di pellegrinaggio per oltre trentamila persone l’anno. Hasankeyf è sede di luoghi sacri e di siti archeologici di valore inestimabile e di una storia di 5000 anni, i cui monumenti attiravano migliaia di turisti ogni anno, prima che la guerra trasformasse il Kurdistan in un immenso campo di concentramento.

Un altro caso lo troviamo nella pianura di Harran, luogo mitico nella storia della civiltà dove sorgeva il leggendario “Tempio del Peccato“, scomparso sotto le acque della prima diga Ataturk sul fiume Tigri (Firat), che fece scomparire più di seicento villaggi e gli abitanti furono deportati a Istanbul ad Ankara.

Attualmente è in atto una campagna internazionale contro la costruzione della diga di Ilisu; il governo turco pare, però, intenzionato a proseguire nel suo progetto. Il governo turco non ha mai investito nulla per il mantenimento di questi luoghi e siti archeologici che si trovano nel territorio del Kurdistan, semmai li ha distrutti per cancellare la storia e la cultura millenaria del popolo kurdo. La rilocazione forzata minaccia più di 43.700 Kurdi. Il megaprogetto della diga Ilisu comprende anche un fattore di rischio sicurezza politica. Infatti la guerra civile in Siria e l’instabilità politica in Iraq potrebbero diventare due fattori scatenanti quando mancherà la quantità sufficiente dell’acqua per i loro Paesi.

Ma una guerra a causa dell’acqua è l’ultima cosa che servirebbe a quella regione già in crisi. Esiste il concreto pericolo che la Turchia sfrutti l’attuale guerra in Siria per non portare a termine il processo di pace già avviato da parte curda 21 marzo scorso. Ora, si spera che tutti i paesi democratici – in primis l’Unione Europea – possa far pressione sul serio e non solo a parole sul governo turco affinché fermi questo mega cantiere per salvare sia centinaia di villaggi curdi sia il destino di Hasankeyf, che viene considerato patrimonio universale, ma soprattutto il processo di pace tra i due popoli.


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