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Parmitano scrive dallo spazio: “pochi giorni fa ho rischiato di morire”
22 Ago 2013 08:31

Sono stati momenti drammatici, nei quali l’astronauta Luca Parmitano ha sfiorato la morte per annegamento nella seconda passeggiata spaziale della sua carriera, il 16 luglio scorso. A raccontarli è direttamente l’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) nel suo blog. La passeggiata spaziale, insieme all’americano Chris Cassidy, era iniziata nel migliore dei modi quando, dopo poco più di un’ora di lavoro, Parmitano comunica che ha dell’acqua all’interno del casco.

”Sento – scrive l’astronauta – che qualcosa non è in ordine. La sensazione, inattesa, di acqua sulla nuca, mi sorprende e sono in un posto dove preferirei non avere alcuna sorpresa. Muovendo la testa lateralmente confermo la prima impressione, e con uno sforzo di volontà sovrumano mi impongo di riferire a Houston quello che sento”. Da Terra capiscono la gravità della situazione e ordinano agli astronauti l’immediato rientro.

L’acqua ricopre il mio naso, una sensazione davvero sgradevole, peggiorata dai miei sforzi, inutili, di spostare l’acqua dal mio volto scuotendo la testa. La parte superiore del casco è ormai piena di acqua, e non so neanche se la prossima volta che respirerò dalla bocca riuscirò a riempirmi i polmoni di aria e non di liquido”.

Grazie all’addestramento, Parmitano non si fa prendere dal panico ed elabora possibili soluzioni, ma i minuti passano. Finalmente gli astronauti arrivano all’interno del modulo.

”Cercando di muovermi il meno possibile, per evitare movimenti dell’acqua dentro il casco, continuo a dare informazioni sul mio stato di salute, ripetendo che sto bene. So che, nel caso l’acqua dovesse sopraffarmi, potrei sempre aprire il casco: probabilmente perderei conoscenza, ma sarebbe comunque meglio che annegare dentro il casco. I lunghissimi minuti passano – prosegue – e finalmente, con un sollievo che non mi aspettavo, vedo il portello interno aprirsi e l’equipaggio al completo è lì pronto ad aiutare. Mi tirano fuori e, non appena possibile, la collega sgancia il mio casco e con delicatezza lo solleva sopra la mia testa. Gli altri mi passano un asciugamano, e li ringrazio senza sentire le loro parole perché le mie orecchie, e il mio naso, saranno ancora pieni di acqua per qualche minuto”.


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