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Per l’azienda pubblica di Palermo la suocera è un rifiuto
05 Gen 2015 06:39

La pubblicità offensiva, carica di stereotipo sessista, spacciata per “ironia”, comparsa sui cartelloni pubblicitari di Palermo (da parte dell’azienda pubblica comunale che si occupa della raccolta dei rifiuti). No, non è ironia e nemmeno cattivo gusto; è banale e pericolosa ignoranza di genere. E continuano quasi tutti a ritenerla ironia.

Se ci fosse un congiuntivo sbagliato su un cartellone sarebbe ironia? No.

O, peggio, un ausiliare senza accento in un atto pubblico? Fa ridere? No. Fa piangere. Sarebbe sgrammaticatura. Non farebbe ridere.

E questo accade: una sgrammaticatura di linguaggio che rivela una sgrammaticatura di senso, di coscienza, di conoscenza, di diritti.

Ma il punto è che molti non sanno nemmeno di cosa si parla e non è nemmeno da fargliene una colpa.

È come accusare e condannare un indigeno della Papuasia perché mangia senza posate. Strabuzzano gli occhi di fronte una forchetta.

In questo caso parliamo di un diritto poco discusso, trasmesso, metabolizzato: il diritto di genere, che si nutre della morte degli stereotipi di genere. Comunicazione ai naviganti: “la suocera da buttare” è stereotipo di genere.

Come il gutturale è stereotipo di razza per gli uomini di colore. Scomparso nel consesso civile, compare solo in luoghi razzisti. Non sarebbe “ironia” sentirlo oggi in uno spot, no? Ecco. Mentre gli stereotipi di genere inondano la nostra vita, le nostre pubblicità, i nostri libri di scuola, i nostri media. Come una banale normalità. E invece è un diritto ignorato.

È necessaria come il pane una massiccia educazione di genere, in tv, a scuola, ovunque, come ai tempi del maestro Manzi. Fatta prima ai grandi e poi ai piccini.

C’è un enorme, persistente, dilagante, diffusissimo, inconsapevole, pericolosissimo analfabetismo di genere.


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