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Pompei soffocata dal male peggiore: la burocrazia italiana
02 Lug 2013 14:41

Nominato ministro per la Funzione Pubblica, Renato Brunetta partì lancia in resta all’assalto della roccaforte del fannullismo nella pubblica amministrazione. Il suo decreto nella battaglia contro l’assenteismo destò un’attenzione furoreggiante, suscitò reazioni contrastanti, elogi sperticati e critiche feroci.

La determinazione dell’ex Ministro nel contrastare uno dei fenomeni che hanno ridotta la pubblica amministrazione a un’amara barzelletta fu persino encomiabile, benché molto patetica. Non c’è dubbio, infatti, che la burocrazia vada semplicemente messa alla stanga e marcata implacabilmente, senza darle respiro, perché la sua rieducazione al senso del pubblico servizio è un impresa titanica, ostacolata dalla devianza cronica, anzi ormai congenita, che la caratterizza nella mentalità.

Tuttavia, il “metodo Brunetta” si è rivelato un gran fiasco, come non poteva essere altrimenti. La questione non è di poco conto. Che il fannullismo sia un male, un danno economico, sociale e morale è intuitivo ma, ahinoi, non è il principale né quello esiziale. Si trattasse solo di costringere a lavorare i fannulloni staremmo a cavallo, ma non è così. La patologia maligna che affligge la nostra pubblica amministrazione è l’incompetenza, l’ignoranza, l’incapacità, il demerito, la prepotenza, la tracotanza, il menefreghismo, l’indifferenza, la “fantasia”, becera, insulsa e pericolosa, al potere. Per esempio: fanno più danno i “fannulloni” o color che si sono occupati degli scavi di Pompei? Non abbiamo dubbi: quest’ultimi.

È da qui che sarebbe meglio iniziare. Occorre, infatti, neutralizzare, spodestare, stritolare, mettere nella condizione di non nuocere un esercito di inetti che, purtroppo, lavora, paradossalmente anche molto, nella pubblica amministrazione e combina danni come e peggio delle orde di Attila quando si scatenavano. Il problema, insomma, è esattamente l’inverso. Come scansare quegl’incompetenti? Paradossalmente va detto: meglio se fossero fannulloni, almeno sarebbero innocui!

Su Pompei possiamo astenerci da qualsiasi commento scimmiottare l’UNESCO sarebbe ridicolo e d’altronde, si potrebbero offrire rosari di esempi. Ne proponiamo uno, minimale, marginale ma che ha il pregio di riguardare milioni di famiglie con figli adolescenti e di illustrare bene il principio di non contraddizione che ispira la burocrazia italiana per il quale ogni cosa che “procede” da essa deve dimostrare con indefettibile “coerenza” la sua abnorme incapacità, la sua sconsideratezza e il conseguente suo ruolo sciagurato e dannoso per il Paese. A Pompei, su un famoso mosaico che sta andando in malora è scritto: “cave canem”, attenti al cane.

Nella storiella del nostro esempio si dovrebbe dire “cave burocrate”. L’agguato, questa volta si riferisce al “patentino” agognato da molti adolescenti. La domanda per sostenere l’esame, almeno fino a tempi recenti e salvo ulteriori, rivoluzioni burocratiche, doveva essere accompagnata da un certificato medico redatto anche sulla base di un’autocertificazione resa da chi esercita la patria potestà sul minore, aspirante “patentinato”. Nell’autocertificazione, assistita da sanzioni penali, bisognava dichiarare se il minore “soffre di malattie endocrine”, se “sussistono malattie del sangue o dell’apparato urogenitale” ed altro ancora. Ma chi può dirlo senza analisi e visite mediche?

Ovvio: è follia burocratica pura. Non Previsto, manco a dirlo, pure lo scaricabarile, sport nazionale amato più ancora del calcio. Il certificato medico, infatti, è redatto “sulla base delle risultanze anamnestico – cliniche”, cioè anche sulla base dell’autocertificazione del genitore, lapalissianamente non solo incompetente ad attestare patologie, fossero anche relative al proprio figlio, ma, ovviamente, anche di saperne alcunché, se non informato da qualche sanitario. Ma la pubblica amministrazione è come la sanità contemporanea, questa pratica la “medicina difensiva” quella la “burocrazia difensiva”. Infatti, nell’esempio descritto, è chiarissimo ciò che interessa.

Un domani, di fronte ad eventuali, fastidiosi problemi, la Motorizzazione Civile potrà dire che il patentino, dopo l’esame, è stato rilasciato anche sulla base del certificato medico e il medico, dal canto suo, potrà dire che il certificato era stato rilasciato anche sulla base dell’autocertificazione resa dal genitore del minore.

Conclusione: sarà, eventualmente, sarà messo in mano al genitore che risponderà di ciò di cui non poteva avere cognizione, cioè di un’eventuale patologia del figlio incompatibile con il possesso del patentino e non dichiarata. È solo uno degli innumerevoli esempi di scempiaggine e comica ipocrisia burocratica!

Se fossimo coi Brunetta di turno, quindi, faremmo l’impossibile per ridurre al rango di fannulloni i cervelloni ministeriali inventori di questa assurda procedura che pretende l’impossibile (a cui, per definizione, nessuno è tenuto: “nemo tenetur”…), mandandoli a pesca sul lungotevere e, poi, manderemmo una squadra anti-fannullisti a sorprenderli con la canna da pesca in mano per poterli licenziare. Pompei è l’icona del degrado dell’Italia.

L’Europa stanziò pure 41,8 milioni di euro per Pompei! Il dramma del Paese è che non è vero che tutto dipenda dalla mancanza di fondi. Il 24 ottobre 2011, sulla nobile e qualificata testata partenopea “Il Denaro”, infatti, si lesse: “A Pompei ci sono soldi e c’è personale a sufficienza. Quello che manca a Pompei – osserva Riccardo Villari, Sottosegretario ai Beni e Attività Culturali, nel corso della Tavola Rotonda su “Turismo, un’opportunità per crescere insieme” – è la capacità manageriale”. Giustappunto, in Italia ci siano o no i fondi è quasi indifferente, comunque predominano indolenza e insipienza che regnano sovrane e incontrastate a ogni livello e in ogni ambito e recesso della pubblica amministrazione senza che alcun Governo abbia fatto di questo tema un’emergenza nazionale. E senza che nessuno dei vertici dello Stato lo viva come una vergogna, ormai internazionale. Non è più sufficiente neppure l’indignazione.

La burocrazia è il vero parassita della società; danneggia tutti perché vive a spese della comunità; battere la burocrazia è interesse di ciascuno; a ogni burocrate bisognerebbe chiedere sempre il conto di quello che fa e di quello che dice, portandogli una lotta senza quartiere, con denunce reiterate e circostanziate, presso ogni autorità costituita. La sopravvivenza di Pompei dipende dalla sua sconfitta. Dobbiamo scegliere tra il valore culturale e pregevole di un sito patrimonio dell’Umanità, come Pompei e il disvalore dozzinale e volgare di un fenomeno patrimonio nazionale, come la burocrazia domestica. Compiuta la scelta, avremo deciso anche il nostro futuro e quello dell’Italia.


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