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Portarsi a casa gli avanzi del ristorante non è reato. Ora lo dice una sentenza
26 Lug 2014 05:28

La Cassazione approva con sentenza una di quelle usanze che potremmo quasi definire ‘made in sud’, ma che in realtà avvengono in gran parte del mondo.

La quinta sezione penale della Suprema Corte ha riconosciuto piena dignità all’utilizzo della «borsa per cani», in cui raccogliere gli avanzi del cibo non consumato al ristorante, in pizzeria, al bar o alla tavola calda. Per poterlo assaporare altrove, in un altro momento o magari per destinarlo proprio ai migliori amici dell’uomo. Cambiano così volto, per giurisprudenza, consuetudini e costumi.

Vagliata e approvata la tipicamente abitudine meridionale – quella di portarsi a casa il cibo non consumato e/o finito nei ristoranti –  con la sentenza 29942al cliente va riconosciuto come proprio il pasto non consumato, con relativo diritto all’asporto”.

Si specifica, infatti, che la nota “doggy bag” (o incarto per i resti del pranzo) potrà essere asportata.

La sentenza addirittura giustifica il cliente che, in risposta al disservizio del ristoratore, si sia esposto a ingiuria e diffamazione per il mancato recapito dei resti del pasto.

Ogni ristoratore che s’oppone al doggy bag d’ora in avanti è dalla parte del torto.

La giurisprudenza si adegua ai nuovi tempi e lo fa anche in piena stagione estiva  quando, si sa, diventa abitudine e non vergogna per i turisti ‘riempire la borsa’ al momento della colazione e rientrare in albergo (per esempio) a fine giornata, per godersi la mezza pensione.


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