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“Una gabbia di manager, media e scaffali di centri commerciali”: riflessioni sullo stato attuale della musica Italiana
13 Apr 2018 07:00

Dall’avvento di Napster, la musica ha avuto uno scossone enorme che negli anni ha portato alla crisi della “musica fisica” fatta di dischi e compact disk. Si è passati, infatti, a un tipo di musica più “a portata di mano”, non più basata sul supporto rigido, ma fruibile digitalmente , come gli mp3.

Negli ultimi anni, però, anche il supporto digitale “MP3” è praticamente deceduto con l’immissione prorompente delle piattaforme di streaming come Spotify.

La storia dice che le industrie discografiche americane incolparono Napster per la crisi delle vendite ma quello che si omette e che negli anni gli artisti sono diventati dei veri e propri dipendenti delle major discografiche ad eccezione di pochissimi casi.

Il più grande problema della musica italiana è stata l’influenza che gli Stati Uniti D’America che sono diventati il modello per l’imprenditoria discografica.
Infatti, eccezion fatta per cantautori come Rino Gaetano, Daniele Silvestri e pochi altri, gli ultimi 40 anni di musica sono stati occupati da artisti italiani che ricordavano fin troppo artisti stranieri e che addirittura riproponevano canzoni di artisti non italiani con testi tradotti e adattati alla nostra lingua.

Se si vuole conoscere quale sia lo stato attuale della musica e degli artisti italiani, in attività, basta ascoltare il singolo che ha anticipato l’ultimo album capolavoro di Caparezza “Prisoner 709” dove la parola “Prisoner” è emblematica e rispecchia a grandi linee quale sia il traguardo raggiunto finora dagli artisti del Bel Paese.

video: Caparezza – Prisoner 709

Prigioniero è l’artista e la sua musica

La musica italiana è rappresentata come una gabbia fatta da manager, media e scaffali di centri commerciali (ahimè, i negozi di musica sono perle rare in Italia) pieni di album che probabilmente finiranno nei cestoni delle offerte a meno di cinque euro.

Per esperienza personale trovai l’album di Niccolò Fabi, Max Gazzè e Daniele Silvestri, “Il padrone della festa”, in uno di quei cestoni a meno di cinque euro quando, se non ricordo male, il prezzo nel periodo della pubblicazione era di quindici euro (trenta mila delle vecchie lire, tanto quanto poteva costare venti anni fa nell’epoca della moneta nazionale).

Mi sembra fin troppo ovvio dire che la colpa del crollo della musica italiana sia dovuto alle major che hanno smesso di osare nel lanciare nuovi artisti capaci di dare ampio respiro al mondo della musica italiana creando, come negli USA, artisti e canzoni standardizzate, realizzando addirittura generi osceni come il o la “Trap” di cui ignorerò volutamente qualsiasi canzone e artista visto e considerato che tale genere probabilmente verrà sostituito con uno nuovo tra meno di dieci anni: parliamo di generi di musica “usa e getta” di cui tra qualche anno non resterà che un video su YouTube e un album sui digital store.

Video: Intervista a Red Ronnie sullo stato della musica italiana e i talent

Altro fattore che ha influito enormemente sullo stato attuale delle cose, in campo  musicale, è quello dei mass media: Tv e giornali nazionali, proprio come le major non osano e ospitano artisti nel ruolo di “fenomeni del web”, nati in maniera molto discutibile attraverso alcune piattaforme sul web come YouTube (dovrei dedicare un articolo a parte per questi casi) su cui spesso i numeri sono gonfiati, per cui non rappresentativi della realtà.

Non esistono spazi per la musica seria, quella fatta di artisti e canzoni nate nei garage, eccezion fatta, ad esempio, per rassegne importanti come Musicultura.

In conclusione,  se gli utenti finali, gli ascoltatori e i consumatori di musica si incuriosiranno su artisti sconosciuti ai più, ma che fanno immensi sacrifici per mettere in musica il proprio messaggio, ci si accorgerà che vi è molta più musica in un ragazzo che si autofinanzia per produrre un disco che in tanti programmi televisivi che si spacciano come programmi musicali o festival della canzone italiana e che, in verità, sono programmi televisivi adatti ai “gossippari”.

Come dice spesso Red Ronnie: “Stiamo rischiando di non ascoltare i nuovi Gaber De Andrè. Gaetano, Battisti e di non scoprire grandi parolieri come Mogol”.


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