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250 boss trasferiti in un altro carcere. Ecco la rivoluzione silenziosa dell’antimafia
11 Apr 2014 09:05

Nelle ultime settimane circa 250 mafiosi al carcere duro – in tutto sono 700 – sono stati prelevati dagli istituti di pena in cui erano detenuti e trasferiti in altre carceri di massima sicurezza.

Una “rivoluzione” rimasta top secret, progettata dal Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria nei mesi scorsi e comunicata al ministero della Giustizia, alla Direzione Nazionale Antimafia e alle Dda di tutta Italia. Imponenti le misure di sicurezza visto che in ballo c’erano personaggi di spicco di mafia, ‘ndrangheta, camorra e sacra corona unita.

Il provvedimento è stato adottato per evitare lunghe permanenze dei detenuti negli stessi istituti di pena: il trasferimento ha riguardato, infatti, i mafiosi al 41 bis ristretti nello stesso carcere da oltre 5 anni.

Lo spostamento dovrebbe evitare consolidamenti di rapporti tra i carcerati e il personale, amministrativo e sanitario, degli istituti di pena. Tra i nomi “eccellenti” toccati dalla decisione del Dap boss del calibro di Raffaele Cutolo, dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, di Leoluca Bagarella, Totò Riina e Bernardo Provenzano.

Sia Bagarella che Riina hanno “inaugurato” oggi il collegamento in videoconferenza nelle loro nuove carceri all’udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia in corso a Palermo.

Riina da Milano è stato portato a Parma (istituto di pena in cui era ristretto Bernardo Provenzano, mandato a Opera e poi in ospedale a Milano per accertamenti) e Bagarella dall’Aquila è finito a Tolmezzo.

“L’opportunità di tali trasferimenti, funzionale alla stessa ragion d’essere del regime detentivo del carcere duro – ha scritto il Dap in una nota al Guardasigilli -, è stata discussa e condivisa nell’ambito di una riunione convocata dal Procuratore Nazionale Antimafia alla fine del mese di novembre dell’anno scorso, alla quale hanno partecipato i Procuratori Distrettuali Antimafia competenti sui soggetti individuati per i trasferimenti”.

“Nel caso di Provenzano, e di altri detenuti in età avanzata, – ha spiegato il Dipartimento – le ragioni della movimentazione hanno riguardato anche la necessità di collocare tali soggetti in istituti dotati di centri clinici particolarmente attrezzati e in territori dello Stato dove l’offerta sanitaria è notoriamente migliore”.

Provenzano, dopo il via libera del magistrato di sorveglianza, da Opera è stato portato in ospedale presso la struttura protetta ed è – scrive il Dap – “costantemente monitorato. Le sue condizioni di salute sono stazionarie”.

Sul banco dei testi al dibattimento, celebrato davanti alla corte d’assise, mentre i boss partecipano in videoconferenza, è salito il pentito Stefano Lo Verso, ex uomo d’onore di Ficarazzi che avrebbe ospitato Provenzano, nel 2003, durante la latitanza.

Nel periodo in cui si sarebbe occupato di lui il padrino di Corleone avrebbe confidato a Lo Verso di godere della protezione di politici e alti funzionari dell’Arma e che Marcello Dell’Utri era diventato, dopo la morte di Salvo Lima, il nuovo referente politico di Cosa Nostra.


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