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La straziante storia del piccolo Giuseppe. Ora può curarsi a casa
24 Feb 2016 08:25

Era l’estate del 2014, agosto, il piccolo Giuseppe di Giugliano, paesone alle porte di Napoli, camminava con il nonno per le strade di Formia, luogo della loro vacanza.

D’un tratto il piccolo, nei pressi di un semaforo, si divincola dalla mano del nonno, mentre scattava il verde. Venne investito da un furgone che lo vide comparire all’improvviso.

La corsa in ospedale fu immediata e da quel giorno iniziò un calvario che si protrae da 18 mesi. Prima Giuseppe fu portato al Dono Svizzero, poi al Policlinico Gemelli.

Da quel giorno, i suoi genitori, vedono vivere il figlio tramite le macchine artificiali. Con un continuo andirivieni da Roma, per stargli vicino.

Giuseppe è stato sottoposto ad una serie interminabile di operazioni e vive grazie a macchine che lo fanno respirare e mangiare.

Lui può solo guardare.

La madre sette mesi fa si scopre in cinta, e a causa di una sofferenza fetale, non può più assistere il primo figlio.

Ma per una storia di burocrazia, Giuseppe non poteva essere assistito dalla ASL di Napoli e quindi tornare a casa.

Sofferenza per lui di non poter vedere la madre e stress per la donna, pericoloso in stato di gravidanza.

Poi arriva la buona notizia. E’ il governatore De Luca a darla in un post su Facebook: “Siamo impegnati e mobilitati per consentire cure e assistenza al piccolo Giuseppe, affetto da gravi patologie dopo il drammatico incidente del 2014 e per il quale i genitori hanno richiesto l’attivazione di un servizio di assistenza domiciliare h 24 dopo le dimissioni dall’ospedale Bambin Gesù di Roma. La ASL Napoli 2, in sinergia con l’ospedale Santobono ed i competenti uffici regionali, in considerazione anche dello stato di salute della madre di Giuseppe, predisporranno in via eccezionale l’assistenza richiesta.”


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