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L’ultima chiamata per il #Sud
19 Ott 2015 14:44

Oggi verranno rese note le grandi linee della Legge di Stabilità, che poi farà il suo corso in Parlamento. Potrebbe contenere anche alcune misure specificamente mirate sullo sviluppo del Mezzogiorno. Nei prossimi giorni si saprà; vedremo.

Può essere utile riepilogare le caratteristiche di metodo e le ipotesi di merito che hanno caratterizzato il dibattito delle ultime settimane. Come si ricorderà, la discussione ha avuto una spinta dai lavori della direzione del Partito Democratico del 7 agosto scorso, nella quale il segretario-primo ministro Matteo Renzi annunciò un masterplan targato PD per il Mezzogiorno; entro settembre, prima della legge di stabilità. L’hashtag: zerochiacchiere.

Furono poi annunciate occasioni di discussione pubblica delle linee progettuali. Si è tenuto un dibattito alla Festa dell’Unità di Milano sabato 5 settembre, con la partecipazione di due Presidenti di regioni del Sud. Lì furono annunciati tre successivi incontri di discussione, che a quanto risulta, non si sono ancora tenuti. Né sono apparsi fino ad oggi documenti (anche parziali o in bozza). Una prima considerazione è quindi possibile: il Partito Democratico, che aveva annunciato questa sua iniziativa, non sembra averle dedicato una grandissima attenzione.

La discussione pubblica, il coinvolgimento delle strutture del partito e dei cittadini in senso più ampio sono stati piuttosto modesti. Certamente vi sarà stato un gran lavoro in sede di governo. Non è chiaro in quale quadro e con quale coordinamento, dato che la responsabilità delle politiche di coesione fa ancora capo direttamente a Renzi. Dopo il passaggio di Graziano Del Rio (che aveva la delega fino ad aprile) al Ministero delle Infrastrutture non è stata più attribuita. Le cronache hanno riportato di incontri con Sindaci e Presidenti di Regioni sia del Sottosegretario De Vincenti (in sostituzione di Renzi), sia del Ministro Del Rio.

La mancanza di una responsabilità univoca, a parte quella d’insieme del Premier, non aiuta molto a capire come si sta procedendo. Da dichiarazioni di esponenti politici e da anticipazioni di stampa sono emersi alcuni temi. Si è fatto un gran parlare della proroga delle misure di decontribuzione per le assunzioni (che, non è male ricordarlo, è stata coperta per il 2015 in tutto il paese con risorse prima destinate al Mezzogiorno).

Si è parlato anche di riduzioni dell’IRES (l’imposta sulle società) e di ammortamenti accelerati per i nuovi investimenti. In tuti i casi non è ancora chiaro se con riferimento al solo Mezzogiorno o all’intero paese. La questione è importante; cambia se vi è – come a lungo vi è stato in passato – un vantaggio differenziale per le imprese e gli investimenti al Sud.

Si tratta nell’insieme di interventi senza specifico riferimento a linee di politica industriale: che possano incentivare comportamenti ritenuti particolarmente virtuosi o mirare a specifiche filiere o tecnologie. Dopo una grave depressione, misure “orizzontali” sono giustificate; ma da esse difficilmente possono venire strategie e indirizzi per un rilancio dell’industrializzazione del Sud. Si è fatto un gran parlare di “patti” che sarebbero prossimamente sottoscritti fra il governo centrale, le regioni, le aree metropolitane. A quanto si è sentito, essi dovrebbero riguardare prevalentemente interventi infrastrutturali.

Qui rilevano due questioni. La prima, finanziaria: se le risorse sono (prevalentemente) prese dai fondi europei o dal fondo sviluppo e coesione si tratta di una attuazione della politica di sviluppo territoriale 2014-20 (forse un po’ tardiva), lungo le linee definite dal Governo Renzi già nell’aprile 2014. La seconda, pratica. Opere previste al Sud ve ne sono da tempo. Su alcuni grandi assi stradali e ferroviari sono stati anche già siglati nel 2011-12 precisi contratti istituzionali di sviluppo con RFI e Anas; l’attuazione è però modestissima, inferiore a quanto stabilito.

Se si inseriscono gli interventi in Accordi di Programma Quadro, che si redigono in Italia da circa vent’anni, si fa senz’altro bene. Ma viste le esperienze recenti più che elenchi di opere sono necessarie garanzie credibili – sia finanziarie che operative – sulla circostanza che poi si realizzino. Non si è parlato quasi per niente di grandi politiche ordinarie, e di diritti di cittadinanza. Sanità, istruzione, assistenza sociale e lotta alla povertà sono temi decisivi per il Mezzogiorno.

Le tendenze degli ultimi anni sono assai preoccupanti, sia per la quantità che per la qualità; le risorse sia nazionali sia di regioni ed enti locali per queste politiche si sono ridotte, molto più al Sud che nella media nazionale. E i meri tagli di risorse non garantiscono certo che aumenti la qualità dell’istruzione, o della sanità: servirebbero incentivi e politiche ben mirate, per fa sì ad esempio che le istituzioni dei quartieri ghetto della grandi città del Sud (e del Nord) diventino “buone scuole”.

Infine, non si è discusso molto, al di là delle singole misure, di una visione strategica per il Sud. Le strategie possono essere chiacchiere, certo (e si è detto: zero chiacchiere). Ma un insieme di misure produce ben poco se non è legato da un filo, se non è mirato ad un obiettivo, se non è integrato da una visione.

Avremo la Legge di Stabilità; vedremo. Ma questi mesi estivi lasciano un’impressione: che dopo l’annuncio di una grande iniziativa sul Sud da parte del maggior partito politico italiano, quella che non si sia mai ancora manifestata è proprio la discussione politica. Il Sud non è questione di uno sgravio: è il maggior problema dell’Italia. Sarebbe stato bello sentire qualche parola su come, dopo la grande crisi, le classi dirigenti di questo paese lo vedono; e pensano, progressivamente, di migliorarlo.


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