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“Fabrizio De Andrè – Principe Libero”, al cinema la poetica del cantautore genovese
24 Gen 2018 07:00

Coprodotto da RaiFiction e dalla Bibi Film con la regia di Luca Fiacchini.

Scegliere e non farsi scegliere, questa è una delle massime di Fabrizio De Andrè, il cantautore per eccellenza scomparso l’11 gennaio di diciannove anni fa, un lasso di tempo non indifferente che non ha offuscato il potente valore culturale del suo cantautorato.

Coprodotto da RaiFiction e dalla Bibi Film, con la regia di Luca Fiacchini, è stato proiettato ieri sera – e lo stesso accadrà anche stasera –  nelle migliori sale cinematografiche d’Italia “Fabrizio De Andrè – Principe Libero” che sarà poi trasmesso su Rai 1 a febbraio. «Io sono un principe libero e ho altrettanta autorità di fare guerra al mondo intero quanto colui che ha cento navi in mare», questa è la citazione del britannico Samuel Bellamy nelle note di copertina di “Le nuvole”, uno dei dischi più noti del Faber, la stessa da cui si ispira il titolo della pellicola, raccontando in maniera efficace la poetica del cantautore genovese:  il magnetismo e il naturale distacco di un principe sempre pronto a raccogliere e ad appassionarsi alle storie dei diversi, degli ultimi e a farne canzone.

Il film offre un ritratto complessivo dell’artista ligure, dall’infanzia ai capolavori della maturità, passando attraverso il racconto preciso degli anni di Genova con il mare e i suoi vicoli, del rapporto con la famiglia e dell’apprendistato formativo svolto nei carruggi della città, circondato da amici come Paolo Villaggio e Luigi Tenco. Ripercorre i primi successi con Mina che porta nel piccolo schermo la “Canzone di Marinella”, le prime performance dal vivo dando vita ad alcuni tra i brani intramontabili affrontando le tematiche più diverse come la guerra, l’amore, la religione e la follia, l’incontro con Dori Ghezzi e la vita nella sua amata Sardegna fino ad arrivare al rapimento che l’ha visto coinvolto e al conseguente ritorno sulla scena.

A vestire i panni di De Andrè sarà Luca Marinelli, una vera e propria sfida per il 33enne attore romano, molto amato da critica e pubblico per la sua interpretazione in “Lo chiamavano Jeeg Robot”, aggiudicandosi un David di Donatello e un Nastro d’argento come miglior attore non protagonista. Questa volta però la sfida cinematografica risulta più ardua perché si dovrà confrontare con un mostro sacro qual è il Faber raccontando quando già nei primi anni della scuola gesuita De Andrè ha avuto la possibilità di confrontarsi sulle vite dei poveri, dei reietti e dell’ultimo tra gli ultimi, oltre che il rapporto con Puny, madre del suo primo figlio, la Ghezzi e con il padre.

Con il benestare della sua seconda compagna, “Principe Libero” è una finestra reale su De Andrè, visto in maniera più solare e meno controversa di quanto l’ascolto della sua musica possa far pensare. Alla sua carriera come cantautore si dà spazio con scene ben precise e la sua musica è la colonna sonora che accompagna lo spettatore nella pellicola.

Quello che emerge è un Luca Marinelli modesto e concentrato che canta e suona alcuni brani del film in modo più che dignitoso, considerando il fatto che il confronto con l’originale non sarebbe facile per nessuno. L’attore presta anima e corpo a un De Andrè che si serviva della musica per raccontare l’uomo, la sua vita e le sue fragilità portando al centro dell’attenzione gli emarginati, i ribelli e le prostitute. “Principe Libero” risulta essere il ritratto di un uomo che si è sempre specchiato nei suoi versi, con il coraggio di andare in direzione ostinata e contraria, dalle strade tipiche genovesi alla natura selvaggia della Sardegna, accanto agli ultimi e agli esclusi di ogni tempo e luogo, sia che fossero le donne di facili costumi di Via del Campo o gli indiani del Fiume Sand Creek.


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