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Le sfumature dell’animo raccontate in uno sguardo. Intervista a Dario Aita
24 Apr 2018 07:00

Un sorriso sincero e semplice, ma anche forte e determinato. Questo e non solo è Dario Aita che Resto al Sud ha già avuto il piacere di intervistare, un giovane e bravissimo attore che ha creduto fortemente al suo sogno, lasciando anche la sua terra, la Sicilia, per inseguirlo. Dopo la prima stagione di “Questo nostro amore” non si è più fermato, fiction campioni d’incassi, cinema e tanto teatro. Ora lo ritroviamo proprio nel ruolo che l’ha portato al successo, sempre nel ruolo di Bernardo Strano, ora più cresciuto, con qualche responsabilità in più ma con ancora tanti sogni in cui credere. Oltre a “Questo nostro amore 80”, lo ritroviamo nella seconda stagione de “La mafia uccide solo d’estate”, la fiction tratta dell’omonimo fil di Pif, che ha rivoluzionato la tv alla quale eravamo abituati affrontando, con l’ironia e con il sorriso, la mafia, a dimostrazione di come sconfiggere la criminalità organizzata sia una vera e propria battaglia culturale.

Ti stiamo vedendo nella terza stagione di “Questo nostro amore”. Perché hai deciso di continuare questo progetto televisivo?

Ho deciso di continuare a vestire i panni di Bernardo perché ritengo che avesse ancora molto da raccontare. Sono il primo telespettatore di questa serie tv e ho amato Bernardo sin da subito. Vorrei ci fossero altre dieci stagioni per sapere come sarà interamente la vita di ciascun personaggio. Sono molto legato a questa fiction e ai colleghi che oramai sono come una famiglia per me.

Ancora una volta vesti i panni di Bernardo Strano. Che effetto ti ha fatto tornare a interpretarlo?

Avevo lasciato Bernardo sempre più innamorato della sua Benedetta. Ora lo ritrovo adulto, è diventato un uomo a tutti gli effetti, un padre e un marito con una vita stabile. E’ una sensazione strana per me perché sono ancora lontano dagli anni che sta vivendo Bernardo, nonostante anch’io sia cresciuto.

Questa volta sono gli anni ’80 a far da perfetta cornice alla storia che porti sul piccolo schermo. Tu sei nato alle fine di quegli anni. Che anni erano quelli e che Italia era quella?

In quel periodo, l’Italia era un Paese molto frammentato, era un grande momento di smarrimento. Uscivamo dagli anni ’60, gli anni del sogno e del grande cambiamento, i ’70 sono gli anni in cui ognuno deve fare i conti con il fallimento di questa speranza che incendiava gli animi. Il decennio successivo che andiamo a raccontare guida  nella totale mancanza e voglia di sentir parlare di spiragli di luce; nasce un forte individualismo che prima non conoscevamo nel quale i personaggi di “Questo nostro amore” trovano un rifugio personale, un sorta di piccolo microcosmo di serenità. Bernardo ama stare nel suo casolare tra le campagne piemontesi.

Com’è Bernardo in questa nuova stagione?

Bernardo è sempre stato un ragazzo molto inquieto e le sue paure sono molto legate a Benedetta, in questa stagione in particolare. Ora è cresciuto ed è diventato più severo con sé stesso e con gli altri; rimane sempre il ragazzo del Sud degli anni ’80, figlio di Salvatore Strano, con una sua particolare sensibilità. Ha molta paura di soffrire e preferisce chiudersi in sé stesso piuttosto che esternare.

La popolarità è arrivata proprio con questo personaggio. E’ stata una crescita per entrambi?

Assolutamente sì. Posso dirti che tutte le volte che vado a vestire i panni di un personaggio scopro sempre qualcosa di nuovo di me; non sono mai perfettamente uguale a quando ho iniziato.

A breve partirà anche la seconda stagione de “La mafia uccide solo d’estate”. Tu eri nella prima. Cos’ha significato per te farne parte?

Questa è una fiction televisiva totalmente rivoluzionaria, sia per i contenuti, sia per il linguaggio e sia per le tematiche affrontate. Parlare di criminalità organizzata nel piccolo schermo è oramai una consuetudine ma “La mafia uccide solo d’estate” ha qualcosa in più. Sono felicissimo di averne fatto parte; ho un rapporto bellissimo con il regista Luca Ribuoli e non ho potuto far altro che accettare il ruolo di Rosario. Ammetto che questo è il progetto televisivo più divertente e interessante al quale ho partecipato negli ultimi anni. La grande novità nel raccontare i mafiosi sta nella straordinaria genialità di Pif di smitizzarli e farli apparire come piccole macchiette, personaggi con i quali non è possibile empatizzare.

Che cos’è la mafia?

E’ l’ombra del nostro Stato, è il lato oscuro che ci sforziamo di non voler vedere ma c’è, esiste, fa parte della nostra esistenza; dovremmo prenderne atto e far sì che le cose possano cambiare. Oggi è meno visibile, uccide meno, ma continua a essere parte integrante della nostra società; è pericolosa oggi come allora.

Il tuo personaggio è Rosario. E’ cambiato da come lo avevamo lasciato?

Assolutamente no. Sarà sempre il ragazzo stravagante che era e ci riserverà molti colpi di scena.

Sei palermitano, ma viaggi spesso. Cosa porti con te della tua città e cosa invece lasci?

Porto sempre con me quella nostalgia che Palermo ha in sé. Girando per i vicoli, vicino al porto con un cielo molto spesso limpido, i volti delle statue, i muri delle chiese e anche di qualche abitazione raccontano  un’epoca che ormai appartiene al passato ma che continua a essere parte integrante dell’identità della città. Lascio a casa l’indolenza, il determinismo e la rassegnazione a non voler mai cambiare, caratteristiche che rendono la Sicilia sicuramente unica, esattamente come l’estate infinita con il suo scirocco che soffia negli angoli delle strade.

Cosa vorresti arrivasse al pubblico di “Questo nostro amore 80” e de “La mafia uccide solo d’estate”?

Spero che in entrambe le fiction gli spettatori possano fermarsi un attimo e  riflettere un po’ sull’animo umano e comprendere perché ci comportiamo in un certo modo in determinate situazioni. Spero di essere riuscito a raccontare una piccola anima.

I tuoi prossimi progetti?

Uscirà il film “Prima che la notte” su Pippo Fava e sto girando la seconda stagione de “L’allieva”.


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