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Dialogo con Rocco Papaleo: “Vi racconto il mio Sud, la mia terra”
08 Ott 2013 08:48

Ecco il mio dialogo con Rocco Papaleo, autore, attore e regista, realizzato per uno speciale della rivista del Consiglio Regionale della Basilicata.

Rocco, Ormai ti do del compare, anche se non hai battezzato i miei figli che comunque ti adorano. Magari ti chiedo il “San Giovanni” per la cresima. Mi hanno chiesto di provocare un dialogo con te sulla Basilicata che è e che verrà. Io ricordo che tu l’hai già fatto con uno scrittore di talento come Giuseppe Lupo in passato e risultò molto gradevole e utile al dibattito pubblico. Oggi cosa possiamo aggiungere a quella discussione con un interlocutore molto più autorevole di me?

Papaleo: “Compare caro, partiamo dalla considerazione che parlare con te mi fa sentire bene in virtù del fatto che ogni volta che ti ascolto sei preciso e romantico al punto che ti considero ormai una risorsa per me e la nostra terra, penso alla profondità e al sogno, allo stare insieme e al riflettere da soli. La Basilicata, così come io la guardo, è un posto dell’anima, come il luogo delle suggestioni e delle metafore possibili. Non sono così addentrato nei suoi margini e nelle sue verità, ne assaporo forse un’essenza, ne percepisco una corrispondenza che mi rende figlio di una madre con cui non sempre riesco a dialogare, o forse che guardarla da lontano, come ho fatto per gran parte della mia vita, me l’ha resa più armonica e sensuale di quello che è in realtà. Questo per dire che riesco solo a cantarla senza riuscire realmente a comprenderla o ad analizzarla”.

Rocco, nell’ambito dei nostri diversi ruoli, anche se simili, questa estate ci siamo incontrati molte volte a sostenere (e a partecipare a) diverse iniziative pubbliche. Utilizzerei queste nostro “On the road” per parlare di Basilicata. Anche alla luce di quello che si è detto alla Milanesiana all’importante incontro dedicato alla nostra regione. E partiamo da Parigi, una capitale della cultura mondiale dove abbiamo proposto la tua opera prima “Basilicata coast to coast”. Ti confesso che non speravo potesse rimanere nei cinema francesi per oltre un mese…. Io alla première parigina ho visto il film per la seconda volta. Leggere i sottotitoli in francese mi ha fatto rivalutare il testo della sceneggiatura. Ci sono monologhi  che andrebbero pubblicati in plaquette. E poi alla prima è stato straordinario vedere l’innamoramento francese per la sconosciuta Basilicata. È la bellezza dei luoghi o la forza del racconto?

“A Parigi è stato molto eccitante assistere al consenso che gratificava la storia, ma anche la luce che quei luoghi attraversati emanavano, dunque le componenti varie del film si sono alimentate a vicenda e il fascino del cinema sta proprio nella sua capacità di essere ampio oltre che emozionante”.

A Parigi sei stato accolto con grande onore dall’Istituto italiano di cultura e dal nostro ambasciatore che aveva già visto tre volte il tuo film e che rompendo ogni protocollo ci ha invitato nei suoi sontuosi saloni…

“Le belle parole dell’ambasciatore hanno steso un comodo tappeto per gli spettatori e mi è sembrato sincero piuttosto che formale seppur calato nel ruolo che gli compete. Peccato per la pasta così così che abbiamo mangiato all’ambasciata”.

È vero. Infatti, e non solo dal punto di vista gastronomico, per me a Parigi una delle scene più belle vissute con te è stata vedere la gioia e l’accoglienza di Pietro, il giovane ristoratore lucano di successo per come ci ha accolto nel suo locale e nella capitale francese. Esiste una comunità lucana nel mondo che ha valori comuni identitari?

L’energia di Pietro è stata quella che mi ha riempito il cuore, il nostro Pietro attivo, imprenditoriale, il racconto che sprigiona più che dal suo lucano con punte di francese, dal suo francese con l’accento lucano, mi piaceva che sapeva le strade di Parigi come le sue tasche mentre mi accompagnava all’aeroporto, mentre pensavo che io mi perdo anche nel mio quartiere di Roma. Noi lucani siamo assortiti, alcuni come me si ritrovano perdendosi, altri il filo non lo perdono mai, ci rimangono aggrappati ma lo allungano per allontanarsi e ci fanno correre sopra le risorse che i ricordi e la nostra cultura contengono. E poi la pasta col sugo del ristorante di Pietro, che ho solo assaggiato dal tuo piatto caro compare, era così saporita e sincera che mia madre ne sarebbe stata gelosa”.

Poi compare ci ritrovammo in quel di Pisticci al Lucania Film Festival. Tu lo frequenti dagli albori quando ancora il tuo successo non era quello stellare di questi anni. Io nel vostro crescere in parallelo con gli organizzatori di questa straordinaria kermesse vedo un po’ la metafora della Basilicata che lavora e con fatica e leggerezza raggiunge i risultati? Tu invece?

Penso ai lucani nel mondo soprattutto quando il mondo si specchia a Pisticci, quando passeggio nel suo bianco durante il Lucania film festival, quando un posto si erge a non luogo, e le traiettorie più disparate diventano possibili. Sono simpatici e acuti quegli uomini ancora ragazzi che animano la loro comunità con cose di valore come sanno essere le parole che sgorgano dagli schermi o da quelle semplici conferenze ricche di intelligenza e buona creanza”.

A Pisticci io per la Lucana film commission ho proiettato un documentario di Mariolina Venezia su Matera e un’intervista di Vito Riviello su Potenza. Ho visto che hai un buon dialogo con questa scrittrice lucana. Invece, lo so che t’imbarazza, ma tu sei l’unico ad aver reso Riviello autore di massa. Leggendo una sua poesia a Sanremo. Sai che Daniela, la moglie del poeta mi ha scritto una bellissima lettera in cui dice che tu quando reciti i versi di Vito li declami come avrebbe fatto il marito?

Mariolina e Daniela, la moglie di Riviello, a braccetto per una sera a Pisticci mi sembravano due sponde tra cui nuotare: era bellissimo. Quanta gratitudine per il loro sguardo condensato nelle cose che hanno scritto, per come sanno parlarmi a voce o con la loro opera. Poi, sai: quelli di Sanremo erano fulmini di Vito ai quali ho avuto la fortuna di aggrapparmi nella serata più affollata della mia vita! Mi viene in mente una sola parola per Vito. Ecco, gratitudine mi sembra la parola che proprio ci vuole”.

Poi ci siamo trovati anche a Latronico per un altro festival di corti organizzato da un altro gruppo di giovani molto in gamba. Un freddo terribile a Ferragosto. In effetti la rappresentazione meteorologica dell’Italia è manichea. Il clima della Basilicata è mutevole perché è una grande regione che ha molte componenti fisiche. Secondo te, compare, il tempo meteorologico ha un’influenza sul carattere e sulle divisioni dei lucani?

“In Basilicata può far freddo anche d’estate, forse per questo anche nell’euforia, c’è sempre un velo di tristezza nelle nostre vite di lucani, ma nonostante questo anche se non godiamo fino in fondo sappiamo apprezzare le virtuose iniziative delle ragazze di Latronico, che hanno la non secondaria qualità di essere carine. Dovremmo soltanto essere capaci di apprezzare l’apprezzabile, anche quando è specchio del nostro non fare e della nostra invidia”.

Anche a Latronico, compare, hai cantato con successo il tuo inno sulla Ba-Ba-Ba Basilicata. In una regione che molti considerano un’invenzione politica dopo Scanzano, a mio parere, tu, senza rendertene troppo conto hai contribuito a creare anche un nuovo carattere identitario lucano.

“Leonardo Sinisgalli diceva che i lucani sono sempre insoddisfatti, che manca sempre un soffio per la completa soddisfazione, ecco questa cosa apparentemente negativa, penso possa essere una grande risorsa se incanalata nel verso giusto, perché può renderci umili e operosi come la maggior parte della popolazione. Tuttavia questo carattere cela un’insidia perché in alcuni casi ci costringe al deprezzamento e a un livellamento in basso. Ma mo’ che cazzo mi credo per mettermi a filosofeggiare, forse sono ancora pregno della luna e dei calanchi di Aliano, dove più che in ogni altro luogo mi sono toccato, nel senso proprio di questo doppio senso perché posso senza scandalo parlare di masturbazione dell’anima, di un immersione che fa emergere o semplicemente respirare sott’acqua”.

Infatti abbiamo chiuso meravigliosamente la nostra estate ad Aliano per l’utile raduno “La luna e i calanchi” organizzato da Franco Arminio. Io adoro il tuo brindisi omaggio a Levi e Volontè girato ad Aliano. Sei un lucano levista che non mette in discussione il capolavoro di don Carlo. Eppure hai ricevuto critiche e polemiche dure per la tua scelta di essere testimonial della campagna risparmio benzina dell’Eni. Addirittura sei stato messo allo gogna in effige…

Vogliamo amarla la nostra terra, esserne figli lontani, anche quando la guardiamo da quaggiù, dalla marina, o da questo deserto di mare che ci confonde e ci fa sentire piccoli e insicuri dell’avvenire, figli come me, proprio come sono io, incerto, incostante, ben lontano dall’idea di sentirmi un simbolo, ma che solo per l’idea di essere considerato tale avrei dovuto avere più riguardo almeno nello spiegare meglio le mie ragioni a sfavore di certa demagogia. Dunque mi dimetto da simbolo, ti prego di ufficializzare, compare mio, e riparto da capo, con lo spirito dei calanchi, con più rigore e più leggerezza, con ecologia esistenziale, con le mie sentite scuse per chi si è sentito offeso, e i miei specialissimi ringraziamenti per chi invece in me vede un cantore di questi nostri colori”.

Ad Aliano mi ha fatto molto riflettere il tuo spettacolo sui morti. Una sorta di Spoon River sul Basento… Ho pensato a quella parte di Basilicata moderna che ha rimosso il lutto. Inevitabilmente questo conduce al rapporto che abbiamo con la morte e quindi con la vita….

Il punto come sempre lo mette la poesia quando fa la musica o fa semplicemente se stessa, con i suoi riflessi, con le sue accelerazioni, con le sue sublimi sospensioni e i suoi silenzi accordati dal vento”.


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