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La mamma che minaccia la ‘ndrangheta: “Vendicate mio figlio o mi pento e racconto tutto”

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Se non ho il figlio difindutu divento la prima pentita di Rosarno“. A parlare così, durante un colloquio intercettato in carcere, è Francesca Marfea, una delle persone arrestate ieri dai carabinieri nell’ambito dell’operazione contro presunti affiliati alla cosca Ascone di Rosarno che ha portato all’esecuzione di 19 ordinanze di custodia cautelare sulle 23 emesse. La donna, moglie di Salvatore Ascone, indicato come il reggente della cosca nel periodo in cui il fratello Antonio Ascone era detenuto, il 15 dicembre 2007 parla con il nipote Vincenzo che si trovava in carcere e chiede espressamente, secondo la ricostruzione degli inquirenti, che sia vendicato l’omicidio del figlio Domenico Ascone, ucciso a Rosarno il 14 agosto 2007. 

Un omicidio, secondo gli investigatori, compiuto da appartenenti alla cosca Pesce nell’ambito di una faida con gli Ascone esplosa nell’agosto del 2007 ma risalente al febbraio del 1999 quando furono uccisi Maurizio e Domenico Cannizzaro, ritenuti vicini al gruppo Bellocco-Ascone. L’inchiesta, avviata nel 2006 e conclusa ieri con l’operazione All inside 3, rappresenta uno spaccato degli assetti criminali a Rosarno documentando gli equilibri, peraltro precari, tra le diverse cosche. In particolare, gli Ascone erano legati ai Bellocco così come i Sabatino ai Pesce. Le due consorterie principali, i Pesce ed i Bellocco, per i carabinieri e la Dda, costituiscano tuttora i poli intorno ai quali gravitano altre cosche collegate da legami di parentela e da cointeressenze affaristiche. Poli non contrapposti ma baricentro di interessi che si sono adoperati anche per evitare fratture intervenendo per ricomporre gli attriti tra le cosche satelliti.

Ed in questo contesto, i Pesce, per l’accusa, sono stati i principali artefici delle azioni di fuoco subite dagli Ascone. “Questa – ha detto il procuratore di Reggio Federico Cafiero De Raho incontrando i giornalisti – è un’inchiesta rilevante così come sono state importanti All inside 1 e 2 non solo per il numero di misure cautelari ma anche per le condanne che sono seguite con il riconoscimento della fondatezza delle conclusioni investigative”. “La famiglia Ascone – ha detto il procuratore aggiunto Michele Prestipino – vengono considerate minori, ma non lo sono affatto dal punto di vista criminale. Questo lavoro ci ha permesso di ricostruire struttura, ruoli di vertice e di comando, organizzazione, partecipi. Ma sono stati anche state ricostruite le dinamiche che hanno portato a situazioni di conflittualità e di contrasto al gruppo Pesce. Esprimo gratitudine ed apprezzamento per il lavoro mirabile compiuto dai Carabinieri nel contesto mafioso di Rosarno”.

È importante che questa operazione abbia il risalto che merita – ha detto il comandante provinciale dei carabinieri Lorenzo Falferi – perché ha consentito l’arresto di 19 persone facenti parte della cosca Ascone-Bellocco alla quale sono riferibili interessi non solo criminali, ma anche affaristici”. Alla conferenza stampa ha partecipato anche il comandante del nucleo investigativo dei carabinieri Michele Miulli che ha sottolineato il ruolo delle donne all’interno della cosca.

Foto di ReggioPress.blogspot.it

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