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La Sicilia vuole il suo casinò (statale): nel 2024 più forti le richieste

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Foto di Pavel Danilyuk

Agli italiani piace giocare. La Lombardia è la regione d’Italia in cui si gioca di più, seguita al secondo posto dalla Sicilia e al terzo dalla Campania. Eppure, gli unici quattro casinò statali italiani si trovano nelle regioni del Nord.

Il Casinò di Campione d’Italia, il Casinò di Venezia, il Casinò di Saint-Vincent e il Casinò di Sanremo sono le punte di diamante del gioco d’azzardo in Italia. Ma sono anche le uniche case di gioco disponibili sul territorio.

Ogni anno questi casinò fisici vengono raggiunti da migliaia di giocatori provenienti da ogni parte d’Italia, ma anche e soprattutto dai paesi europei con cui confinano le regioni del Nord Italia. Paesi tra i più ricchi d’Europa e, anche per questo, più propensi a spendere in un certo tipo di turismo più elitario che è, appunto, quello del gioco d’azzardo.

Casinò in Sicilia: sogno o realtà?

Ciononostante, anche in Sicilia i numeri sul gioco d’azzardo che si sono registrati negli ultimi anni segnalano una crescita. Al punto da far sperare all’isola, ma anche a tutte le regioni del Sud, di poter avere un casinò statale entro il 2024.

È molto frequente che le persone si approccino al gambling giocando sui vari casino aams, cioè quelli regolamentati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, l’organo statale che si occupa di garantire la legalità e la sicurezza dei portali di gioco. Ma è anche comune che questi giocatori, dopo aver fatto un po’ di esperienza online, preferiscano cimentarsi presso i casinò fisici.

Ma i giocatori del sud devono fare molti chilometri per poter vivere un’esperienza di gioco dal vivo degna di questo nome. È vero, sul territorio italiano ci sono moltissime sale scommesse, sale slot machine e molte altre attività autorizzate ad esercitare il gambling. Ma se i numeri sono così alti, perché il Sud dovrebbe essere privato – fra le tante altre mancanze – anche degli introiti esosi come quelli apportati dall’industria del gioco d’azzardo e di tutti i settori che le gravitano attorno?

Attorno al mercato del gambling, infatti, si sviluppa una consistente fetta dell’economia nazionale: il denaro che gira online è moltissimo (si parla di oltre 8 miliardi di euro spesi all’anno per giocare online), e le previsioni future parlano di un successo assicurato anche nel caso dell’introduzione di case di gioco fisiche.

Scegliere la Sicilia come futura regione in cui risiede un casinò statale fisico non potrebbe che essere una decisione vantaggiosa non soltanto per lo Stato, ma anche e soprattutto per l’intera economia della regione.

Questo argomento era già stato uno dei punti all’ordine del giorno già negli anni passati, quando erano state avanzate proposte che puntassero alla creazione di una realtà di gioco anche al sud. La prima proposta risale a quasi cento anni fa, quando Palermo fu selezionata tra le papabili città del Sud in cui realizzare un casinò. Erano gli anni ‘30 è la sede a cui si pensava era il Castello Utveggio, la perla del Monte Pellegrino.

Una trentina di anni dopo fu la volta di Taormina, ma la proposta sfumò anche questa volta, colpa dei vari ritardi e impedimenti burocratici.

Più recente, del 2014, è la proposta avanzata dall’Assemblea Regionale Siciliana, che ha designato Mondello come possibile sede di un casinò fisico. Ovviamente, come si sa, anche questa proposta non ha trovato terreno fertile.

Oggi i rumors parlano di una probabile nuova proposta in cantiere, la cui scelta è ricaduta su Agrigento, città già nominata Capitale Italiana della Cultura 2025. Grazie a questo titolo, la quarta provincia più grande della Sicilia per superficie, attirerà migliaia di turisti, anche se l’interesse nei confronti di questa città è sempre vivo per via della presenza della Valle dei Templi e di molte altre bellezze naturali e storiche.

L’auspicio per la Sicilia è che riesca ad ottenere finalmente un sì per la richiesta di un casinò statale. Una decisione che potrebbe benefici non solo dal punto di vista turistico, ma anche e soprattutto lavorativo, perché permetterebbe di creare centinaia di nuovi posti di lavoro.

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Redazione