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Le #unioni civili con un occhio alla storia

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E’ il tema del giorno: dividono più i diritti civili che qualsiasi provvedimento economico. Le manifestazioni per il riconoscimento delle unioni anche tra persone dello stesso sesso, la libertà di coscienza lasciata sulla questione ai parlamentari, l’intervento della Chiesa in materia, l’ira di Maurizio Gasparri per la presenza di Elton John come ospite a Sanremo: tanta carne a cuocere e più opinioni.

Ci si è messa anche la polemica, per fortuna finita, tra gli allenatori Sarri e Mancini per quella parola (“frocio”) al centro del loro diverbio sul campo dopo la partita di coppa Italia tra Napoli e Inter, Ma a quale accettazione culturale dell’omosessualità si è arrivati, a quale rispetto delle scelte e degli orientamenti sessuali? Quesito aperto di non semplice risposta.

Ma in un gioco sulla storia è divertente guardare al passato, per cercare curiosità sul tema. E si arriva alla prima accettazione formale dell’era moderna sull’omosessualità. Illuminismo, anno 1791: l’assemblea costituente francese abolisce la pena capitale per il reato di sodomia. Diderot aveva definito l’omosessualità un “rimedio naturale alla sovrappopolazione e alla sifilide”.

Ma Napoleone andò più avanti e nel 1810 legalizzò l’omosessualità: niente più reato per i rapporti omosessuali tra adulti consenzienti nei territori controllati dai francesi. Una legge nata dall’impegno del ministro Cambacérès, che era gay.

In Italia, alla caduta di Napoleone, il codice sardo-piemontese tornò al pugno di ferro: nel 1839, con re Carlo Alberto, i’articolo 439 del codice penale puniva gli “atti di libidine contro natura”. E non solo in caso di stupro, ma “anche senza violenza e fra adulti consenzienti”. Dagli ai rapporti omosessuali, dunque.

Con Vittorio Emanuele II e Cavour, quella norma venne riproposta nel nuovo codice penale del 1859 all’articolo 425.

Cosa accadeva invece nel “retrivo” Sud d’Italia? Semplice: il codice approvato alla restaurazione nel 1819 con Ferdinando I non prevedeva nulla sugli “atti contro natura”. Puniva solo gli stupri, senza fare differenze tra etero e omosessuali. Ma, poiché l’unità d’Italia fu perfezionata dalle armi dell’esercito piemontese e usi, leggi e codici furono semplicemente travasati da quel regno a quello italiano, anche il codice penale di Torino fu esteso ovunque. E l’articolo 439 divenne norma italiana. Per fortuna, su quell’eredità e sulla pena di morte prevista nel regno unito d’Italia, rimediò nel 1889 la riforma del codice Zanardelli.

I reati di “libidine contro natura” furono fatti propri dal fascismo, che spedì gli omosessuali al confino nell’isola di Ventotene. In anni recenti, le baracche dove erano relegati in quegli anni i gay italiani sono state abbattute per far posto a parcheggi. Peccato, erano luoghi di memoria per ricordare come venivano considerati gli omosessuali nel Ventennio.

Per fortuna, l’Italia repubblicana non considera l’omosessualità un reato. Ma il rispetto culturale per gli orientamenti sessuali non è patrimonio di tutti. Retaggio della cultura cattolica, dove sulla questione la durezza delle idee aristoteliche fa ancora scuola.

Certo la legge sulle unioni civili è altra cosa, investendo le convivenze eterosessuali come quelle omosessuali. Ed è tema politico-sociale. In questo caso, la storia e il passato non possono aiutare. L’attualità risponde ad altre logiche.

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Published by
Gigi Di Fiore