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Molisani con la schiena dritta

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Difendere i lavoratori molisani. Questo è l’impegno quotidiano del giovane segretario regionale della Fiom Molise, Giuseppe Tarantino. Instancabile, ostinato, preparato, sempre presente in ogni vertenza, in ogni incontro con le Istituzioni.

Spesso attaccato da alcuni imprenditori, dalla politica (quella con la ‘p’ minuscola) e tenuto a bada anche dalla Cgil locale per la sua tenacia. Non lascia l’osso facilmente, lo tiene stretto sino al raggiungimento del ‘suo’ obiettivo.

Per gli interessi di ogni singolo lavoratore, lasciato senza lavoro, senza futuro, senza dignità. L’altro giorno era, con gli operai stufi e stanchi, davanti ai cancelli della Dr Motor (l’azienda automobilistica che non paga gli stipendi agli operai, che aveva annunciato l’interesse per l’acquisto di Termini Imerese), per la rivendicazione dei loro diritti (“le Istituzioni sono spesso assenti. Ora con il governo regionale di centro-sinistra dobbiamo rimpiangere gli assessori di centro-destra?”). Non le manda a dire, parla in faccia, tutela i suoi iscritti (che stanno aumentando di giorno in giorno).

Ha nelle mani molte altre vertenze, legate al destino di tantissimi lavoratori: Astec, Zuccherificio, Fiat Powertrain, Cantieri Navali, Da.Ma., delle tante aziende presenti nei vari e deserti Nuclei industriali molisani. Si batte e rivendica la sua molisanità. Lui è napoletano, ma da tanti anni in Molise. Per il suo lavoro, per le sue battaglie. Ha partecipato a una trasmissione televisiva in un teatro (organizzata da ‘Il Bene Comune’, una rivista molisana), ha risposto a dieci domande, stile Saviano e Favio, legate all’essere e al non essere molisano. Colgo l’occasione per ringraziarlo pubblicamente per il suo fondamentale lavoro (questo è il sindacato che piace ai lavoratori perché lotta e tutela i loro diritti) e per una risposta (non so se meritata) in particolare. Questo il testo del suo intervento:

Mi sento Molisano perché qui ho conosciuto la mia compagna e tanti compagni di lotta. Qui ho imparato a fare sindacato e qui sono stato scelto per rappresentare tutti gli iscritti alla FIOM.

Perché il cibo è buono e la cucina è “antica”. Perché anche i sentimenti sono genuini, spesso.

Per la serenità e la forza degli anziani rimasti nei paesi: sono loro che non permettono che la memoria venga dilapidata.

Perché ci sono giornalisti come Paolo De Chiara che raccontano delle fabbriche chiuse e della mafia.

Perché ci sono preti come Don Silvio Piccoli che si battono per l’acqua pubblica e per i deboli.

Perché ci sono tante associazioni che si battono contro l’eolico selvaggio.

Perché ci sono comitati e associazioni che si battono perché la sanità rimanga pubblica.

Perché ci sono le Mamme per la salute a Venafro che si battono per la tutela dell’ambiente e del latte materno.

Perché insieme ai pochi politici con la schiena ancora dritta, ci sono tanti molisani che disprezzano il trasformismo imperante. Sono, insieme agli studenti che si battono per il diritto allo studio, i naturali alleati della FIOM.

Perché il Tribunale di Larino, per quattro volte di seguito, ha riconosciuto le ragioni della FIOM e ha dato torto a Fiat, in nome della Costituzione Italiana.

Non mi sento Molisano perché la “famiglia” diventa troppo spesso “familismo” e le donne in politica e nelle istituzioni sono troppo poche.

Non si vigila adeguatamente sulla qualità dell’ambiente e non si istituisce un registro tumori.

I paesi si vanno spopolando perché non c’è lavoro, i giovani sono costretti ad andarsene e vengono eliminati i servizi.

Perché i giornalisti lavorano a 5 euro al pezzo e ricevono dall’editore l’elenco dei politici da osannare e di quelli da colpire. Non hanno o non possono avere la schiena dritta.

Perché la Chiesa, attraverso la politica, difende i suoi interessi finanziari.

Perché difficilmente prevalgono le ragioni di chi lotta per preservare l’ambiente dalla speculazione selvaggia. La politica non le rappresenta.

Perché la politica non gestisce in modo efficiente la sanità e non tutela la sanità pubblica.

Perché le Mamme per la salute si sono dovute costituire in associazione per combattere la loro battaglia, spesso in solitudine.

Perché la “democristianità” è cultura molto condivisa e il voto di quelli che ancora votano è per lo più clientelare.

Perché non c’è un piano per il lavoro, perché il tessuto industriale è in ginocchio, le aziende maggiori sono in crisi profonda, e, come disse Enzo Biagi, di cassa integrazione si può morire.

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Published by
Paolo De Chiara