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A Los Angeles il cinema italiano è made in Sud

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Napoli lunedì scorso c’è stata la festa per il trentennale di “Così parlò Bellavista”, alla presenza di vari attori dell’allora cast e di Luciano De Crescenzo, sceneggiatore e regista del film. I partenopei, durante la proiezione, riproposta in un cinema di Chiaia, recitavano le battute a memoria, a mo’ di Vangelo e il cinema che ha ospitato l’evento ha esaurito i biglietti molti giorni prima.

Aria di nostalgia e rimpianto per il cinema “identitario” che fu, con tanto di memorabile cavaluccio rosso di Riccardo Pazzaglia portato da qualcuno in sala.

Trent’anni fa, ma anche fino a 20 anni fa, il cinema made in Sud viveva una stagione che definire felice sarebbe riduttivo, con film campioni di incassi e gente a far la coda ai botteghini.

Negli anni 80, tra i film di De Crescenzo, di Arbore e di Troisi, i distributori italiani – e non solo loro – vivevano momenti di gloria.

Poi un paio di decenni di vuoto, fatta eccezione per qualche perla di Mario Martone, Pappi Corsicato e Antonio Capuano, fino ad arrivare, in tempi recenti ai Siani e ai Checco Zalone, protagonisti di film divertentissimi ma certo non da premio cinematografico internazionale nè tanto meno rappresentativi dei tempi attuali o della filosofia “mediterranea”.

Succede invece che, complice la candidatura de “La grande Bellezza” di Paolo Sorrentino – uno dei pochi che ha tenuto alto il buon nome di una tradizione che parte da De Sica e Sofia Loren – all’Oscar per il miglior film straniero, Hollywood ma anche Berlino, stiano riguardando con profondo interesse ai talenti nati sotto Roma.

Così capita che “Il sud è niente”, film del calabrese Fabio Mollo, veda la sua prima attrice, la ventunenne Miriam Karlkvist, nata a Reggio Calabria da padre calabrese e mamma svedese, essere la prescelta dalla Berlinale, insieme ad altri otto giovani promesse d’Europa, dove è stata premiata con l’European Shoting Star 2014, ovvero miglior esordio europeo dell’anno al Festival di Berlino, con queste motivazioni: “Miriam ha fatto un debutto impressionante ne Il Sud è niente. Siamo rimasti colpiti dal lavoro decisamente originale: un ruolo di primo piano, molto significativo e impegnativo per la complessità del personaggio. Con il climax del film, il talento di Miriam si rivela perfettamente e in modo approfondito, dandoci uno attraente assaggio sulle sue potenzialità future”.

Una bravura che ricorda quella di Monica Nappo Kelly, grande e talentuosissima attrice napoletana, in questi anni chiamata da grandi registi come Woody Allen e non solo.

Capita, anche, che pochi giorni prima dell’assegnazione dell’Oscar – a Napoli si è col fiato sospeso aspettando la lunga notte e tifando sfegatatamente per Sorrentino e Servillo – ossia dal 23 febbraio al 1° marzo, andrà in scena nella città mondiale del cinema ‘IX Los Angeles, Italia – Film, Fashion and Art Fest’  diretto da Pascal Vicedomini, quest’anno dedicato a Eduardo De Filippo nel trentennale della scomparsa.

In pratica, oltre a un ampia prospettiva sul cinema di De Filippo, più che cinema italiano trattasi di un programma quasi tutto made in Sud: si va dal film di Rocco Papaleo, alla presenza del pugliese Riccardo Scamarcio, ai tributi a Tony Servillo.

Ma la notizia del giorno è che a Hollywood ci va anche Spaghetti Story, il film miracolo di Ciro De Caro, costato poche migliaia di euro e sold out nelle sale di tutta Italia da quasi due mesi, sbancando a Natale i botteghini e i cinepanettoni.

Lui, Ciro, è nato a Roma solo per caso, ma è cresciuto a Battipaglia, in provincia di Salerno, dove vive ancora la sua famiglia. E ce l’ha raccontata così: “È un film molto semplice, girato con l’attrezzatura che poteva entrare nel bagagliaio di un’auto, con una sola ottica (un 50 mm), in soli undici giorni, tra difficoltà e imprevisti che, alla fine, si sono rivelati il vero valore aggiunto, poiché hanno stimolato la creatività e la ricerca di nuove soluzioni. Un modo – ci ha detto De Caro per far sì che, in questo periodo di crisi, le storie non restino nei cassetti… Mi piacerebbe molto che, guardando questo film, altri registi (giovani e meno giovani) si sentano invogliati a seguire la mia stessa strada, scavalcando i falsi ostacoli e guardando alla mancanza di mezzi non come un limite ma come un’opportunità, che ne stimoli ancor più l’inventiva e ne garantisca la libertà di espressione”.

Al Nord la chiamano “arte d’arrangiarsi”, se fosse nato a Milano l’avrebbero chiamata capacità imprenditoriale. Della serie: i sogni si possono realizzare se si ha una grande determinazione, come quella che stanno dimostrando queste giovani promesse.

Grandi ragazzi del Sud, Ciro, Fabio, Miriam, e uber alles Paolo.

Grande prova di cinema indipendente e vivido ma soprattutto, dal Mezzogiorno cinematografico e non solo, grande prova di rinascita e risveglio.

Ora da Napoli in giù tutti a dita incrociate (o facendo i più napoletani scongiuri) aspettando la notte del 2 marzo, cioè la lunga notte degli Oscar, sperando nel trionfo di Sorrentino e dunque di un cinema che parla la nostra lingua.

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