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Il fruttivendolo-capoclan ucciso davanti alla sua bancarella della frutta

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Tredici anni in carcere per associazione mafiosa, scarcerato da un anno e mezzo, ucciso con due colpi di pistola alla testa, a bruciapelo. E’ morto così davanti alla sua bancarella di frutta e verdura Alfredo Fiore, di 51 anni, capoclan dell’omonima famiglia. A far fuoco un uomo con in testa un casco, in sella a una moto. Due colpi in rapida successione, tra lo sgomento e le urla della tantissima gente che affollava, come ogni giovedì, il mercato settimanale di via Ugo La Malfa. E poi via sullo stesso mezzo, in un classico regolamento di conti, probabilmente nella lotta per il controllo del traffico di stupefacenti.

Fiore era una persona che contava nella malavita molfettese e del circondario. A certi ‘livelli’, il suo nome emerse quando il 7 luglio 1992 fu ucciso a Molfetta il sindaco democristiano Giovanni Carnicella. Il primo cittadino era stato tra quelli ad opporsi a far tenere, in città, un concerto dell’allora in voga cantante napoletano Nino D’Angelo, idea nata ad una festa di Fiore e proposta, per sfida, a un impresario locale. Questi, Cristoforo Brattoli, per vendicarsi contro il mancato permesso a organizzare l’evento, uccise il sindaco e si costituì. Dopo questo delitto, al quale era estraneo, il ruolo di Fiore nella malavita cittadina e del circondario crebbe tanto che nel 1996 fu coinvolto in un blitz della Dda di Bari, coordinato dall’allora pm Michele Emiliano (l’attuale sindaco Pd di Bari).Oltre 100 persone arrestate, fu sgominato quello che i carabinieri definirono “il più grande bazar di stupefacenti nel Sud Italia“. In primo grado il fruttivendolo-capoclan fu condannato a 20 anni di reclusione, ridotti a 13 in appello.

A margine dell’omicidio di Fiore, da registrare l‘aggressione da parte di alcune parenti della vittima alla cronista del Corriere del Mezzogiorno Carmen Carbonara che scattava fotografie con il suo telefono cellulare sul luogo del delitto. La giornalista è stata dapprima minacciata, poi afferrata per i capelli e fatta cadere, e le è stato sottratto il telefonino. Soccorsa dai carabinieri, che si sono fatti riconsegnare l’apparecchio che hanno restituito, è stata infine medicata in ospedale dove le hanno riscontrato lesioni guaribili in pochi giorni.

Il Comitato di redazione del ‘Corriere del Mezzogiorno’ in una nota per ha espresso sdegno per “la violenta aggressione subita stamattina a Molfetta dalla collega Carmen Carbonara mentre svolgeva la sua attività di cronista“. L’ennesimo omicidio di ‘mala‘, compiuto con efferatezza tra la gente, ha colpito la cittadinanza e i suoi rappresentanti istituzionali. “Siamo profondamente turbati dalla notizia di un omicidio in pieno giorno nel cuore del mercato del giovedì – ha tuonato il sindaco di Molfetta, Paola Natalicchio -. Ho chiamato subito il prefetto – ha aggiunto – per chiedere un incontro urgente sulla situazione della sicurezza in città e la prossima settimana ci sarà l’incontro in prefettura. Continueremo a chiedere l’istituzione di un commissariato di polizia a Molfetta e di un potenziamento della Compagnia dei carabinieri“. “La paura – ha concluso – è che Molfetta possa tornare indietro di vent’anni; faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità istituzionali per impedire che ciò accada“.

Altro sangue c’è stato oggi tra i venditori ambulanti italiani. A Catania un gelataio, Giuseppe Consoli, di 57 anni, è stato ucciso con una pistola calibro 7.65 e sua moglie, Giuseppa Pappalardo, di 52, è stata gravemente ferita. Il fratello di lui, Luigi, di 62 anni, si è consegnato ai carabinieri autoaccusandosi del gesto che sarebbe stato originato da contrasti sugli ‘spazi‘ dove allestire le bancarelle per vendere i rispettivi prodotti artigianali, non solo gelati ma anche dolciumi.

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Redazione