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“La Grande Bellezza” e il cineforum spontaneo e virtuale

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Quando cominciavo la mia esperienza di blogger con Resto al Sud e la immaginavo come un viaggio attorno alla bellezza, tema a me molto caro, il “capolavoro” di Sorrentino era appena uscito nelle sale. Ma io lo persi. Si organizzò la spedizione con gli amici ma andò mia moglie e io rimasi a casa con i figli. Così il film l’avrei visto solo qualche mese più tardi, a novembre.

Complici le aspettative salite vertiginosamente per settimane da chi lo aveva visto e lo definiva “un capolavoro assoluto” la mia prima reazione è stata piuttosto fredda. Per non dire sconcertata. Lo dico senza paura di essere “antipatico”: a me il film non è piaciuto.

Ho un modo piuttosto semplice per dire se una cosa mi piace o meno: se modifica la prospettiva, mi apre la mente, mi aiuta a leggere la vita in modo diverso, allora è un capolavoro, altrimenti no. Ci sono tante sfumature dal capolavoro al disastro e “la grande bellezza”, nella mia personalissima classifica, si colloca esattamente a metà.

Ho lavorato a Roma, nel cuore della “Roma ladrona”, ho visto con i miei occhi le virtù e i vizi di questa meravigliosa città. Recentemente ci sono tornato da fotografo e mi sento talmente misero di fronte a questa bellezza che non trovo ancora il coraggio di pubblicare le centinaia di foto che ho fatto. Mi sembra sempre che possano essere migliorate, riordinate, rimeditate… Mi sembra sempre che non riescano a raccontare tutto, che manchi qualcosa…

Il film mi ha messo in crisi: come valutarlo? Dal punto di vista narrativo è un incedere lento, lentissimo, privo di intrecci. Gianni Berengo Gardin narra che il suo amico Joseph Koudelka (e stiamo parlando di due dei più grandi fotografi contemporanei) gli avrebbe insegnato che “nelle fotografie deve sempre succedere qualcosa” altrimenti sono noiose… Lo stesso si potrebbe dire di ogni storia e quindi dei film…

In “la grande bellezza” non succede niente. La storia che c’è dietro non è un colpo di genio. La sensazione, come ha scritto qualcuno, è di trovarsi di fronte ad uno spot di Dolce e Gabbana lungo due ore e mezzo. E in effetti, leggendo le critiche, anche gli estimatori più incalliti riconoscono questo: film lento, privo di intrecci e costruito per immagini su una “non-storia”. Ma gli stessi estimatori, riconoscendo in questi apparenti limiti il “genio” di Sorrentino, arrivano a catalogare il film come un “affresco” contemporaneo di Roma e dell’Italia intera e ne decantano la “fotografia” con aggettivi superlativi.

Se affresco deve essere allora più che alla Cappella Sistina lo paragonerei ad un murales di writer alle prime armi che tenta di copiare Banksy. Il film è farcito di stereotipi sull’Italia e l’italianità, ed è per questo che ha vinto l’Oscar in partenza. Sulla tanto apprezzata “fotografia”, da addetto ai lavori, non l’ho trovata così convincente. Anzi…

Ma questo è il mio giudizio. E anche se sono ignorante di cinema ed esperto di fotografia resta pur sempre un mio piccolo, umile giudizio. Il mio piccolo contributo alla conversazione.

Ma ieri sera è successo qualcosa: se fino a ieri lo definivo un film “brutto” a partire da ieri sera lo definisco “un bel film sopravvalutato”.

Cosa è successo ieri sera? Perchè ho cambiato idea? Ve lo spiego subito…

Ieri, verso le 21, ero comodamente seduto davanti al mio Mac e seguivo una interessante lezione in videoconferenza sullo storytelling. A un certo punto, complici problemi tecnici della piattaforma di web conference, mi è caduto l’occhio su un post Facebook del mio amico Lucio. Era il link ad un articolo su “la grande bellezza” e non era tenero con il film. Leggendolo ho trovato la sintesi perfetta del mio giudizio e ho fatto quello che faccio in genere in questi casi: ho condiviso sulla mia bacheca Facebook con un piccolo commento.

Nei minuti successivi, dalle risposte al mio post, ho capito che “live”, in quei minuti, lo stavano trasmettendo in tv. In men che non si dica l’intera Facebook italiana era diventata una sorta di “cineforum” virtuale. Questo è il bello dei social network… Si può parlare di un film anche se ognuno lo sta vedendo da casa propria.

Verso le 23 torno a casa e faccio appena in tempo a rivedere gli ultimi venti minuti del film. Come spesso accade alla seconda visione cogli particolari nuovi e apprezzi maggiormente. Ma non tanto da farmi cambiare idea: lo considero ancora un film brutto.

Pausa pubblicità. Riapro la bacheca Facebook per una sbirciatina e si materializza davanti ai miei occhi una epica battaglia tra due fazioni: gli “estimatori” e i “detrattori”. Senza accorgermene sono entrato a far parte dei secondi e sono nel bel mezzo della guerra.

I “detrattori” sostengono, per citare Fantozzi, che il film “è una cagata pazzesca”. Senza forse sapere che “La corazzata Potëmkin” è una pietra miliare della storia del cinema e che l’episodio fantozziano ridicolizzava tanto gli estimatori radicali quanto i detrattori radicali…

Ad ogni modo per i detrattori il film è lento (e ci mancherebbe) e molti di loro “cedono” prima di arrivare alla fine. Comunicano su FB la loro “resa” al sonno o ad altre attività serali più piacevoli.

I detrattori sembrano essere la maggioranza. Ma un film come questo non si può valutare dal grado di “suspance” o “divertimento”. E neppure dalla “maggioranza”. Se fosse arte quello che piace alla maggioranza non avremmo conosciuto Picasso. I criteri sono tanti. E poi un film va visto tutto!

Così mi sono sentito un “disertore” nell’esercito dei detrattori. Un conto è dire che il film non è piaciuto, altro è dire che è “una cagata pazzesca” o rimpiangere il “trash” dei cinepanettoni natalizi. Un conto è dire che è sopravvalutato, altro è proclamare giudizi trancianti e inappellabili che lasciano poco spazio all’idea che FORSE, come tutte le cose, un film può piacere o meno. E non c’è nulla di strano nell’uno e nell’altro caso perchè giudichiamo in base alla nostra esperienza, al nostro vissuto, e fortunatamente le nostre storie sono diverse…

Le foto di Roma di Steve McCurry a me non piacciono per niente. Ma altri le trovano bellissime perché quella è la loro visione di Roma. Una visione “turistica” e al gusto “dolce vita”. Storie diverse, giudizi diversi.

In breve: visto che la mia definizione di “film brutto” è stata interpretata da qualche amico come una militanza convinta nella fazione degli stroncatori, oggi chiarisco ufficialmente: per me è un bel film molto sopravvalutato 🙂

Passiamo agli estimatori. La loro posizione ieri sera era chiara e sintetizzabile in questo modo: primo, voi detrattori non capite niente di cinema e, secondo, siete “anti-italiani”.

Sulla prima considerazione siamo di fronte alle solite. La storia d’Italia, una penisola di staterelli messa insieme con un atto di forza, è la genesi del viscerale bisogno che abbiamo di formare due fazioni e di fronteggiarci “a prescindere”, avendo bene cura di spegnere il cervello ed evitare come la peste qualsiasi confronto costruttivo. Che sia Juve-Inter, Destra-Sinistra, Canon-Nikon oppure prima e seconda classificata a Miss Italia poco cambia: io ho ragione e tu no. Io sono dalla parte della verità, tu non capisci niente. Con l’aggravante che se parliamo di calcio parliamo di poca cosa, quando parliamo di cinema parliamo di cultura. E se diciamo che uno non capisce niente di cinema stiamo dicendo che è una “capra” per citare quel simpatico intellettuale snob di Vittorio Sgarbi 🙂 Ma siamo sicuri di avere la patente per stabilire chi sia “capra” e chi no?

Sull’essere anti-italiani mi vengono i brividi. Credo che i film vadano giudicati in base alla capacità che hanno di smuoverci, di toccarci, non in base alla “nazionalità”. Per carità, sono contento che un connazionale abbia vinto un Oscar, ma forse una sana invasione aliena (non hollywoodiana ma reale) ci farebbe finalmente comprendere che siamo cittadini del mondo. Con Sorrentino ha vinto l’Italia? Siamo proprio sicuri? All’estero abbiamo rafforzato l’idea di essere un popolo condannato ad essere la brutta copia di se stesso (e questo si chiama PRE-giudizio). Chi ha lavorato al film avrà un conto in banca ancora più ricco. Fazio ha provato a “surfare” sull’onda degli Oscar con il suo festival nazionalpopolare. La Fiat (anzi la FCA) ci fa il suo tristissimo spot che ha il sapore di enorme presa per il culo per gli operai italiani.

Siamo sicuri che ha vinto l’Italia?

Per quanto mi riguarda l’Italia vincitrice è quella della terza fazione, quella “invisibile”, quella che ieri su Facebook era colpevolmente troppo in silenzio. Quella per cui il tuo giudizio mi arricchisce e non mi limita, quella per cui la diversità è un valore… Quella che ha compreso che se io do un euro a te e tu dai un euro a me restiamo tutti e due con un euro, ma se io do una idea a te e tu la dai a me alla fine avremo raddoppiato le idee.

W l’Italia 🙂

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Published by
Stefano Lista