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Se i calabresi sono sudditi

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Lo ammetto. Mi sento a disagio. Vivo il disagio di essere un pezzo di questa terra. E il disagio è tanto più acuto quando accadono episodi come quello delle scorse ore. A Roma, un folto gruppo di calabresi è corso a sostenere Silvio Berlusconi. Sono andati nella capitale a difendere l’uomo che per un ventennio ha governato l’Italia e che, in maniera diretta o indiretta, ha determinato attraverso i propri ascari le sorti della nostra regione. L’ultima regione in tutto. In servizi, in prospettive economiche, sul piano dell’occupazione e di conseguenza su quello della qualità della vita. In un ventennio la Calabria non ha fatto un solo passo avanti, anzi.

È crollato quel poco di turismo che pure c’era, è praticamente sparita l’agricoltura, è stato distrutto l’ambiente, non è nata alcuna attività degna di questo nome. Al massimo, qualche bravo imprenditore ha continuato a tener duro. Nulla di più. Per il resto miseria, miseria anche culturale. Miseria da cui è fuggita una generazione intera di giovani laureati e professionisti. Sono tanti vent’anni. Si poteva fare molto. Ma in Calabria niente. O quasi. Si sono arricchiti pochi burocrati, alcuni notabili, agli altri solo miseria. L’unica industria che ha centuplicato i propri profitti è stata quella del crimine organizzato. La ‘ndrangheta in vent’anni è cresciuta, si è evoluta, è diventata punto di riferimento imprescindibile di politica ed finanza. Non della politica e della finanza locale che, per inciso, non ha alcun potere contrattuale. Ma punto di riferimento per dinamiche nazionali e internazionali.

Berlusconi non è l’unico responsabile per lo sfascio della Calabria, il centrosinistra ha le sue buone colpe. Tuttavia l’ex premier e i suoi peones, sono certamente tra i maggiori responsabili, sicuramente sul piano politico, che comunque non è inferiore a quello giudiziario. Lo hanno beccato e condannato da evasore fiscale. Ha sottratto soldi che dovevano andare agli Italiani e, quindi, anche ai calabresi. Da alcuni giorni è un pregiudicato e a difenderlo sono partiti da una terra che ha già i suoi di pregiudicati con cui fare i conti. Per questo mi sento a disagio. Perchè questa cosa può avere una sola spiegazione che risiede nel cronico bisogno della mia gente di avere padroni da ossequiare e difendere.

Quel bisogno che da decenni porta i calabresi ad essere sudditi. Sudditi orgogliosi, persino livorosi e mezzi guasconi, ma sempre sudditi. Sudditi ora dei potentati mafiosi, ora di quelli politici, e quando le due cose coincidono meglio ancora, è tutto grasso che cola. Gli dai un pullman, gli paghi un panino, gli metti in mano una bandiera e nel portafogli un contratto da precario o anche solo una promessa, e loro vanno. E non devi manco spiegargli dove stanno andando, tanto non te lo chiedono.

La gente ormai non si fa più domande. Non si chiede più perchè non poò più permettersi la scuola i propri figli, né perchè la Calabria sia isolata dal resto del Paese. Le persone non chiedono più perchè non ci sono mezzi pubblici, perchè si continua a morire negli ospedali o perchè oggi, anno del signore 2013, nelle case di Reggio Calabria manchi l’acqua. Non si chiedono più come sia possibile che tra Reggio e Catanzaro, la città più grande e il capoluogo di regione non ci sia un treno diretto. I calabresi non si chiedono più nulla. Manco favori chiedono più, se li aspettano. Se li aspettano dai mafiosi, dai massoni, dai politici. Il favore è paradossalmente diventato un diritto.

Èun diritto saltare una fila, far passare avanti una pratica, pagare la mazzetta per essere curati o per lavorare. Ma i favori-diritto si ricambiano. Si paga il caffè al bar al boss del paese che ti ha fatto un favore evitando di farti ammazzare o che ha messo a lavorare in nero tuo figlio, si vota il politico che di favori te ne ha fatto o che te ne potrebbe fare. Si ossequie e si paga il burocrate perchè prima o poi torna utile.

È tutto normale. E quindi è anche normale che per un panino e un’aranciata tu ti debba fare 10 ore di pullman il 4 agosto per difendere un pregiudicato, in cambio di una promesso ricevuta o da ricevere. E non importa se vai a difendere un evasore, un ladro o chiunque altro, non importa neppure come si chiami. Oggi e Silvio, domani Marina, dopodomani pinco pallino. La mia gente oggi si divide in tre categorie. Quelli che se ne sono andati facendo le fortune di altre terre. Quelli, pochi e coccuiti, che restano per formare una nicchia incazzosa, ma ancora poco incisiva. E poi gli altri, la massa. I sudditi che lottano per restare tali. Oggi mi sento a disagio. Scusate, ma provo vergogna, per loro e per me.

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Published by
Giuseppe Baldessarro