Vi raccontiamo la storia dei maestri del presepe di San Gregorio Armeno

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C’è una tradizione natalizia che rende Napoli famosa in tutto il mondo: i presepi. E la strada dei presepi più famosa al mondo è San Gregorio Armeno (vedi mappa istella). Si trova in pieno centro storico e in questi giorni brulica di migliaia di visitatori affascinati dalla statuine di terracotta realizzate con maestria dagli artigiani locali. Tra questi c’è il “Maestro” Marco Ferrigno, considerato tra i caposcuola nell’arte della terracotta napoletana. Le sue opere sono ispirate al Settecento Napoletano. La produzione presenta, accanto ai personaggi tradizionali, le figure care alla tradizione iconografica della sceneggiatura napoletana. Fra tutte, il pastore eternamente assonnato e Ciccibacco, personaggio alticcio e strampalato, prodotti in tutte le misure: dai sei ai sessanta centimetri. Ferrigno è l’unico maestro del pastore in terracotta, proprio della tradizione napoletana. Il padre ha tramandato a suo figlio sin da piccolo la propria arte. Dalle loro mani la materia è modellata con gran maestria; i loro pastori, i loro gruppi di pastori, le “scenette” da loro ideate, i particolari di famosi presepi che loro rielaborano, hanno la preziosità dell’immagine ed il tocco proprio dell’oggetto da salotto, pur nella funzionalità e nel rispetto del tradizionale Presepe devozionale.

Giuseppe, è stato un uomo dall’inesauribile entusiasmo, dalla brillante fantasia e dal carattere schietto e genuino, con la sua mirabile perizia tecnica, progettava e portava a compimento scenografie tipiche della Napoli del XVIII secolo per le quali modellava pastori perfettamente aderenti alle varie ambientazioni; di recente è scomparso lasciando a suo figlio Marco l’impegno di tramandare per generazioni l’arte del presepe napoletano. Marco Ferrigno elabora in maniera del tutto personale il mestiere tramandatogli da suo padre, apportando un tocco di freschezza e di innovazione. I materiali impiegati sono gli stessi da centocinquant’anni: la terracotta, il legno e le rinomate sete di S. Leucio, borgo medioevale in provincia di Caserta. Mostre e numerose citazioni della stampa nazionale ed internazionale, sono per Ferrigno, una consuetudine. Presepi e “scene” sono presenti a New York, Parigi, Arles, Malmoe, Stoccarda e per le capacità professionali dimostrate annoverano riconoscimenti quali il “Primo Premio S. Gregorio Armeno“, per tre anni consecutivi e “The First Award Europe“.

La passione e la maestria di maestri e artigiani ha reso i presepi napoletani unici al mondo. La scenografia in sughero del Presepe si chiama Scoglio e risponde a regole ben precise. Deve avere un primo piano pianeggiante. A questo si accede per ripidissime discese e “scalinatelle” interminabili. Due grotte su questo piano: una per la Natività, l’altra per l’Osteria. La grotta del Mistero non ha bisogno di spiegazioni, mentre bisogna sapere che l’Osteria è il luogo dei diavoli. Non può esistere il Bene senza la lotta e quindi il superamento del Male. Le due grotte ravvicinate simboleggiano questa lotta

Come non c’è angelo senza diavolo così nel presepe oltre agli angeli che volano sulla grotta, ci sono anche i diavoli. L’armonia nasce dall’equilibrio di due opposti principi. E dopo le discese e le grotte è indispensabile il fiume con la sua acqua. In quest’acqua le lavandaie laveranno i loro panni. Sono le levatrici della Madonna di cui si parla nei vangeli apocrifi e che si ammirano in pitture e bassorilievi noti. Ma oltre a questo il fiume serve anche per giustificare la presenza del ponte. Il ponte mette in comunicazione le anime dei vivi con quelle dei defunti. Sul ponte transita Ciccibacco che trasporta su un carretto le botti piene di vino, un bue tira il carro. Il pozzo è l’ultimo elemento indispensabile nello scoglio del Presepe. In questo si va a tuffare la stella cometa dopo avere soddisfatto il proprio compito di accompagnatrice dei Magi. Insomma, il Presepe napoletano rappresenta in scala un intero microcosmo dove arte e simboli si fondono insieme.

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Redazione