“Mi piace l’odore del palcoscenico. E sono legato alla mia terra, la Campania”

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In attesa di risentirlo in occasione della messa in onda nella prossima stagione televisiva di “Baciato dal sole”, la nuova e attesissima fiction di Pepito Produzioni, ho fatto una bella chiacchierata con l’attore Luigi Di Fiore. Quello che colpisce è la grande e schietta semplicità attraverso cui si racconta, dote estremamente rara per chi svolge oramai da molti anni il suo mestiere. Ha lavorato con grandi maestri del cinema italiano, da Gassman a Strehler, da Fabrizio Costa a Cinzia TH Torrini, impersonando i ruoli più diversi con la stessa umiltà di quando, da ragazzo, ha lasciato i suoi affetti per inseguire il suo sogno. Mi ha parlato delle sue origini campane, di quanto sia legato a quella terra che gli è stata vicina in un momento non semplice della vita.  Ho fatto un rapido ma doveroso excursus sulla sua carriera, una carriera brillante, costellata di molti successi. Luigi è un attore che ci continua a emozionare, ci permette ancora di sognare e di sperare  che nulla è perduto, perché il cinema e la fiction italiani hanno ancora un futuro.

Chi è oggi Luigi Di Fiore?

E’ il frutto di tutte le esperienze fatte fino ad ora, di quello che ha vissuto, dalle gioie assaporate fino in fondo ai lutti che hanno segnato la sua vita. Ha sempre cercato di ragionare con la propria testa, di scavare, di andare oltre alla superficialità di ciò che gli è accaduto nel corso del viaggio. Ritiene di essere una persona molto più presente a se stessa di quanto non lo fosse anni fa.

Quando è scoccata la scintilla per la recitazione?

Da sempre, credo! Percepivo quel brivido e quell’emozione che mi facevano sentire al posto giusto nel momento giusto. Ricordo ancora quella volta in cui mi sono messo in piedi sulla sedia a recitare “Il vigile urbano”, la poesia di Gianni Rodari, davanti alla mia famiglia in uno dei tanti pranzi domenicali. Ho cominciato a prendere coscienza di questo mestiere a 12 anni. Allora vivevo a Milano e sotto casa mia c’era la palazzina liberty gestita da Dario Fo; era un centro di attrazione culturale che attirava chiunque, tra cui anche me. Sono andato a vedere un suo spettacolo e, pur non avendo ancora coscienza politica di quello che stavo vedendo, ho avvertito quel fervore. E’ stata la prima volta che ho cominciato a sentire l’odore del palcoscenico, della sua polvere e di quella bellezza che sprigionava energia. Noi uomini d’altro canto non abbiamo bisogno d’altro all’infuori del mangiare, di amare e di raccontarci. Se non fossimo in grado di raccontarci, indubbiamente non saremmo quelli che siamo, ovvero esseri capaci di molte brutture ma altrettanto capaci di tante bellezze.

Quando hai capito che il tuo sogno sarebbe diventato realtà?

Esattamente quando ho fatto il provino per entrare alla bottega teatrale di Vittorio Gassman a Firenze. Era una scuola in cui se vincevi il provino vincevi anche una borsa di studio. C’erano un centinaio di candidati e ne prendevano soltanto dieci e, per mia fortuna, sono stato tra questi. Ricordo ancora quando Esposito, il segretario di Gassman, mi ha chiamato dicendo che avevo passato anche la quarta prova; è stata un’esplosione di gioia. Da quel momento la mia vita è cambiata!

In che modo un attore riesce a scindere il ruolo che sta interpretando dalla vita reale? Essere attore vuol dire togliersi la maschera o indossarla, secondo te?

Questa è una bellissima domanda! Il compito dell’attore è quello di raggiungere una propria neutralità, ovvero quello di togliersi tutte le maschere che la società ci impone. Il percorso di avvicinamento per arrivare il più vicino possibile al personaggio costa molta fatica perché vuol dire essere consapevoli della maschera che si sta indossando. Essere un attore non è un mestiere facile come in molti credono. Il concetto che sta alla base del nostro mestiere non è il voler dire una bugia il meglio possibile, bensì una ricerca costante di verità.

Quali fini ha l’attore nei confronti dello spettatore?

Ha un compito difficilissimo, cioè quello di trasferire il senso della storia dell’uomo. L’attore è il tramite, colui che deve riuscire ad emozionare il pubblico toccando le sue sfere emozionali più intime, indipendentemente dalle informazioni che può avere lo spettatore. Nel caso in cui l’attore non prenda coscienza di questo, il suo senso di responsabilità diventa inesistente.

Corrado Muraro, un importante ruolo sempre per Rai1, quali ricordi hai? Quale aria si respirava sul set de “Il commissario Nardone”?

E’ una delle fiction a cui sono più legato! Fabrizio Costa, il regista, ha avuto la bravura innanzitutto di creare un bel gruppo, molto unito. Ancora oggi ci frequentiamo. Continuo a vedere Sergio Assisi, Francesco Zecca, Franco Castellano, Stefano Dionisi, Giorgia Surina, Ludovico Vitrano e poi anche con Giuseppe Saccà che poi rincontrerò in veste di produttore in “Baciato dal sole”. Sono stati e continuano ad essere professionisti veri e persone straordinarie.

Recentemente ti abbiamo visto i panni di un simpatico dottore in “Un’altra vita”; avevi un accento napoletano perfetto, come mai?

Posso dirti che i miei genitori sono napoletani, fanno parte di quella generazione che è andata a lavorare al Nord negli anni cinquanta. Sono nato a Milano ma ho sempre vissuto tra i dialetti del Sud. La prima volta che ho avuto la possibilità di entrarci prepotentemente è stato con “Un posto al sole”; ero in un momento della mia vita non semplice e non riuscivo a fare il mio mestiere in una città come Roma. Sono stato per cinque anni a Napoli ed è stata la mia fortuna; la città mi ha accolto, curato  e guarito le ferite per poi permettermi di rientrare nella capitale. Ho un debito profondo nei confronti di quelle terre, di quei colori, di quelle persone perché mi hanno davvero rimesso al mondo. Per quanto riguarda “Un’altra vita”, Cinzia TH Torrini mi ha dato la possibilità di riappropriarmi di quella che di fatto è la mia lingua.

Ritieni che in Italia sia in atto un piccolo ma pur sempre un cambiamento per quanto riguarda la fiction oppure ritieni che manchi ancora la voglia e il coraggio di osare e di sperimentare?

Penso che manchi il coraggio di andare oltre. La Rai fa molta fatica a sganciarsi da un certo tipo di linguaggio, sembra come seduta su un bacino di utenza che sembra non permettere un cambiamento. C’è un tipo di mentalità che credo abbia davvero i giorni contati. La tv generalista predilige un certo tipo di prodotti cha ancora ottengono un discreto successo, per abitudine anche. Se la televisione generalista continua a proporre prodotti soporiferi che di fatto non rispecchiano la società né di allora tantomeno di oggi, questa è destinata a morire. E’ necessario fare un salto di qualità per avere un linguaggio filmico nuovo. Abbiamo bisogno di professionisti all’avanguardia, più dinamici che riescano a raccontare storie molto forti ma con leggerezza.

Hai partecipato alla nuova serie tv  “1992” di Sky, una fiction apprezzata ma anche molto criticata. Perchè?

Onestamente sono d’accordo sia con le critiche sia con chi ha elogiato il prodotto. Innanzitutto è una serie tv  innovativa e proiettata verso il futuro; è altrettanto vero che non me la sento di smentire alcune critiche fatte a determinati attori e attrici perché, secondo me, sono fondate. Continuo a non capire il perchè alcune persone siano state messe lì pur essendo totalmente incapaci.

Hai iniziato a recitare da giovanissimo e hai alle spalle anni e  anni di carriera. Quale è il segreto per non mollare mai e continuare a crederci?

Bisogna riuscire a sopravvivere in questo mondo. Un mito da sfatare è che tutti quelli che fanno questo mestiere siano pieni di soldi, non è così. Siamo in un Paese in cui vivere dignitosamente facendo gli artisti è quasi impossibile. Ci sono attori bravissimi che davvero fanno fatica ad andare avanti; ci sono poi persone che, improvvisandosi attori, diventano milionari costruendo la propria carriera sul nulla; è davvero una vergogna per l’Italia. Continuo a credere in questa professione perchè la linfa vitale dell’uomo è quella di raccontare la sua storia, di sentirla e a me piace molto raccontare storie.

Dove ti vedremo prossimamente? Ci puoi anticipare qualcosa?

Prossimamente usciranno  il film “Mi chiamo Maya” di Tommaso Agnese, un regista di grande talento e “A Napoli non piove mai” di Sergio Assisi. Mi vedrete anche  in “Baciato dal sole”, la nuova fiction di Rai1 di Pepito Produzioni che ha un linguaggio che si è posto in evoluzione rispetto a tutti i prodotti televisivi fino ad ora visti. Posso dirti che i produttori, in primis Giuseppe Saccà, Agostino Saccà e Maria Grazia Saccà, sono stati in grado di osare e hanno vinto la loro battaglia. In “Baciato dal sole” ci sono attori di grandissimo talento, in primis Gennaro Iaccarino, una vera e propria sorpresa per la televisione italiana, così come lo straordinario Guglielmo Scilla, meglio conosciuto come Willwoosh per la rete, Giuseppe Zeno e Barbora Bobulova, altri grandi attori, e tanti altri. C’è stato un enorme sforzo in primis della produzione, a seguire un cast eccellente, una sceneggiatura ben scritta e una regia affidata ad Antonello Grimaldi. Non appena ho letto la sceneggiatura sono rimasto colpito del fatto che fosse davvero una serie tv di Rai1 perché per la prima volta c’era un nuovo modo di produrre, più vicino al comune sentire. La Pepito ha fatto un’operazione che tutte le produzioni dovrebbero fare, ovvero quello scoprire un talento, di raccoglierlo e di valorizzarlo; è lungimirante!

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Published by
Giulia Farneti