Essere stato a Palmira – averci addirittura dormito una notte, e visto l’alba fra le sue colonne – rischia di trasformarsi in una specie di doloroso e irrecuperabile privilegio.
Notizie e immagini che arrivano da quella città incastonata nel deserto procurano una fitta dolorosa.
Ogni volta è un frammento di memoria che viene a mancare, come una specie di Alzheimer che sega via un ricordo dopo l’altro, fino ad azzerare del tutto il giacimento di bellezza accumulato negli anni.
E nemmeno la memoria dell’oggetto: l’oggetto stesso.
Qualcuno, di tanto in tanto, pone la domanda oziosa: vale più la perdita di una vita umana o di un frammento del patrimonio culturale mondiale?
Per quanto mi riguarda, nel dilemma, salverei sempre per la vita umana.
Ogni tanto un dubbio mi viene, però.