Categories: In EvidenzaiSud

Il #foodsharing che sfida lo spreco alimentare

Leggi l'articolo completo

Quattro amici che decidono di cambiare “il mondo” della loro città, Bari. Antonio Scotti e Antonio Spera, Marco Ranieri e Marco Costantino, non si sono incontrati in un bar, per parafrasare il successo di Gino Paoli, ma sul “campo” della cittadinanza attiva e dell’impegno sociale. Pur nella loro diversità, sono sempre stati accomunati dalla medesima sensibilità: agire, anche culturalmente, contro lo spreco alimentare. In una città nella quale, muovendo dalle periferie e raggiungendo il centro cittadino, diffusa è la percezione che tal fenomeno sia molto presente. Per conoscere la loro esperienza, perciò, abbiamo incontrato Antonio Scotti e Marco Ranieri.

Quando nasce e perché l’esperienza Avanzi Popolo 2.0?

“Avanzi Popolo 2.0” rappresenta l’evoluzione di una sperimentazione attivata nel 2014, sulla base dell’idea elaborata da quattro amici, ognuno dei quali impegnato in un campo specifico di attivazione sociale, desiderosi d’introdurre modalità innovative nell’ambito della gestione del cibo a rischio spreco. L’entusiasmo generato dai risultati positivi di questo progetto, perciò, ci ha portato nel corso di questi mesi alla costituzione di una associazione di promozione sociale onlus, Farina 080. Essa avrà il compito di rafforzare la rete di contrasto ad ogni forma di spreco alimentare attraverso una serie di strumenti tra cui il foodsharing, ossia lo scambio di cibo fra gli utenti della comunità di Avanzi Popolo 2.0 registrati sulla nostra piattaforma (www.avanzipopolo.it)

Quali obiettivi e risultati avete raggiunto fino ad oggi?

Nel nostro piccolo stiamo costruendo una comunità sempre più larga: sulla nostra pagina facebook circa 3mila e 500 persone seguono le nostre attività inviando contributi e sollecitazioni che ci spingono a lavorare per trovare soluzioni sempre più innovative nell’ambito della gestione del cibo a rischio spreco.  Nel corso di questi mesi abbiamo recuperato oltre 600 chilogrammi di cibo proveniente da banchetti, catering, cenoni, ma anche da concerti come quello di Jovanotti, dove siamo riusciti a non buttare quasi 400 panini rimasti invenduti durante la serata dell’esibizione canora. Quello che vogliamo fare, pertanto, è introdurre un metodo che permetta a tutti i soggetti che desiderano collaborare di fare la loro parte. Il nostro obiettivo è quello di lavorare ad energie distribuite il che significa fare in modo che il cibo possa non solo compiere il tragitto più corto possibile (dal donatore al beneficiario), ma anche permettere che le comunità, le associazioni e le singole persone siano coinvolte in prima persona.

Un esempio?

Abbiamo ricevuto la richiesta di una persona che desiderava destinare ad enti di carità il cibo che non sarebbe stato consumato durante il suo matrimonio. I festeggiamenti dovevano avvenire in un Comune a circa 20 chilometri da Bari. Quello che abbiamo fatto è stato semplicemente trovare una struttura di assistenza più vicina alla sala ricevimenti, nella fattispecie un centro minori che distava meno di un chilometro. La cosa bella è che abbiamo creato un corto circuito positivo in quanto non solo si sono recuperati diversi chili di cibo ancora buono, ma anche perché abbiamo permesso che tra le due strutture potesse nascere una collaborazione indipendente da noi. In questo solco stiamo costruendo ogni tipo di relazione che preveda il passaggio di un surplus di cibo verso enti di carità come sportelli Caritas parrocchiali e altre situazioni di bisogno che monitoriamo in città.

Quali le difficoltà incontrate? Perché è difficile educare a non sprecare cibo?

In realtà stiamo riscontrando un interesse crescente. Certo la pratica del foodsharing è del tutto nuova in Italia e le persone si approcciano con curiosità, ma anche con qualche riserva perché occorre vincere il “timore” di incontrare persone che abbiamo conosciuto solo virtualmente sul sito. La cosa bella è che chiunque lo provi poi se ne innamora perché si accorge che esiste una comunità che condivide la sua stessa tensione all’antispreco. Si formano delle relazioni, si condividono esperienze e ci si scambia informazioni anche su particolari situazioni di bisogno.

Senza dimenticare che il foodsharing interviene come strumento per le piccole quantità di cibo che spesso rischiamo di non consumare e con le quali gli stessi enti di carità possono fare ben poco. La singola bottiglia di latte che scade fra 2 giorni o il pacco di biscotti che non possiamo più mangiare possono essere condivisi con chiunque, non perché si condivida una situazione di disagio economico, ma per evitare che quel cibo vada buttato, con evidenti conseguenze sia sul piano della sostenibilità economica-ambientale, sia sul piano più squisitamente etico. I dati sullo spreco in Italia, per esempio, ci dicono che il 42% dello spreco si genera all’interno delle nostre case e che, mediamente, ogni famiglia italiana getta in pattumiera alimenti per un valore di 454 euro. Il foodsharing rappresenta uno degli strumenti a disposizione per fare in modo che nulla vada sprecato.

Sogni nel cassetto, a medio e a lungo termine?

Nel breve termine fare in modo che Avanzi Popolo 2.0 possa crescere con il contributo di tutte le persone che si sono avvicinate nel corso di questi mesi. Ogni volta che portiamo l’esperienza all’esterno, infatti, torniamo pieni di idee e proposte di attività. Sia durante gli incontri con le scolaresche sia quando allestiamo il nostro banchetto in occasione di eventi pubblici ci accorgiamo che esiste non solo un forte interesse sull’argomento, ma anche una eccellente propensione ad innovare. Siamo consapevoli che il nostro sia un lavoro di semina culturale di lungo periodo, ma stiamo iniziando a raccogliere qualche frutto da questa attivazione. Come diceva Seneca “Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili”. Noi abbiamo deciso di osare, poi sarà il tempo a valutare ogni cosa. Nel frattempo lottiamo contro lo spreco di cibo e chiamiamo a raccolta il nostro popolo!

Leggi l'articolo completo