Agricoltura, Sicilia a un passo dall’apocalisse

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L’agricoltura siciliana è in ginocchio. Dalla Sicilia orientale al centro, i contadini non riescono più a raccogliere i loro frutti. Costa troppo e così le piante si lasciano marcire su alberi e filari. Accade nel settore dell’olivicoltura e in quello delle uve da tavola.

Non conviene più coltivare la terra

Dopo due anni e mezzo di crisi che hanno portato all’esplosione dei prezzi dei fertilizzanti, i contadini siciliani adesso devono fare i conti con l’aumento spropositato delle utenze energetiche. Ma c’è un fattore in più che adesso mette con le spalle al muro chi coltiva le terre. La grande distribuzione organizzata straniera impone nuovi modelli di consumo, obbliga a coltivare nuove sementi e offre dei compensi risibili per le produzioni di qualità. Così non conviene più coltivare la terra.

A Mazzarone l’uva marcisce sui tralicci

Andiamo in Sicilia orientale, in provincia di Catania. Lì, l’uva da tavola di Mazzarone  rimane a marcire sulle vite. I contadini non la raccolgono più perché costa troppo e viene pagata meno della metà di quanto si spenda per produrla. Per ogni chilo di quel prezioso frutto, rinomato in tutti i mercati europei e mondiali, la grande distribuzione internazionale paga soltanto 40 centesimi al chilo. Ai contadini quello stesso chilo costa quasi 90 centesimi. E vanno aggiunti i costi di trasporto e distribuzione.

La crisi dell’uva da tavola è la spia di un malessere più diffuso che colpisce il settore produttivo primario in Sicilia. Il racconto di quel che accade nel lembo sud orientale della Sicilia è affidato  a Gianni Polizzi, direttore del Distretto Ortofrutticolo del Sud est di Sicilia, il Doses. Ecco le sue dichiarazioni a Talk Sicilia, il programma di approfondimento di Blogsicilia.it

L’Uva di Mazzarone non raccolta è un dramma economico e sociale

“Il vero dramma è che quell’uva viene lasciata marcire sugli alberi. C’è una coltura che è stata coltivata, accudita per un anno. Oggi i produttori stanno guardando quei frutti marcire sulle piante. Non possono raccogliere perché raccoglierla significa buttarlo ugualmente. Non possono spendere anche i soldi della raccolta, perchè oggi quel prodotto non si riesce a vendere, perché la gente ha cambiato modello di acquisto”.

I contadini siciliani sotto il “ricatto” delle grandi reti internazionali

I consumi sono cambiati perchè le grandi reti internazionali della distribuzione decidono cosa si debba vendere negli scaffali dei loro supermercati. L’uva da tavola è un esempio tipico di come vengono modificati i nostri consumi. All’uva siciliana, a quella di Mazzarone, così ricca, zuccherina ma con i semi, vengono preferite le varietà “apirene”, senza semi. Spesso quelle varietà sono il risultato di manipolazione genetica e vengono brevettate dalle società che le hanno inventate: “hanno brevettato quelle uve -spiega Polizzi – e il contadino può comprare quelle piante. Il costo è altissimo: va da 7000 e 13.000€ a ettaro. “Questo significa che si sta chiudendo il mercato. Stanno mettendo da parte la nostra uva per favorire quelle uve che provengono da varietà brevettate”.

“Oggi tocca all’uva ma questa strategia potrebbe colpire tutti i nostri prodotti”

Uno scenario apocalittico per l’agricoltura siciliana, dunque. Si rischia di perdere l’immenso patrimonio biologico del nostro territorio e di vedere i terreni abbandonati. Quel che oggi accade all’uva da tavola di Mazzarone potrebbe replicarsi con altri prodotti tipici del nostro territorio: “anche il pomodorino di Pachino è a rischio”, conclude Polizzi.

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Published by
Piero Messina