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La filiera bioeconomica al Sud vale 24 miliardi e 732 mila posti di lavoro

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  • Lo studio evidenzia il ruolo strategico della filiera bioeconomica per il rilancio del territorio
  • Nuove opportunità di crescita offerte dalla tecnologia e dall’impronta bioecologica
  • Il Sud riparte dal turismo sostenibile, dalla logistica verde e dal settore costruzioni

La filiera bioeconomica al Sud vale 24 miliardi di euro con circa 732 mila addetti impiegati, rispettivamente il 24% e il 36% del dato nazionale, in proporzione ben al di sopra del peso del valore aggiunto dell’intera economia meridionale (11%). Per questo lo scenario tracciato dalla nuova ricerca del Centro Studi SRM (Studi e Ricerche per l’Economia del Territorio) è quello di avere un’economia del Sud sempre più green. Il Centro Studi SRM ha dedicato l’ottavo numero della sua collana “Un Sud che innova e produce” allo studio della relazione tra Ambiente e Territorio, con un focus particolare sulla filiera bioeconomica meridionale. In questo scenario spicca la Campania prima regione par valore aggiunto (6 miliardi di euro).

Il Centro Studi SRM, legato al Gruppo Intesa Sanpaolo e sostenuto dalla Fondazione Compagnia di San Paolo, da anni svolge attività di ricerca e analisi del Sud Italia, con particolare attenzione alle filiere produttive e del turismo.

Secondo questa ricerca la filiera bioeconomica al Sud può offrire diverse opportunità e interessanti prospettive di crescita. I dati raccolti mostrano infatti come l’impronta bioeconomica nelle regioni meridionali sia superiore alla media italiana e come il Sud possa rivestire un ruolo primario nella transizione verde del nostro Paese.

Lo studio parte dall’analisi della questione ambientale e dei cambiamenti climatici, per poi proseguire con un focus sullo scenario economico attuale e i vari interventi di policy e concentrarsi alla fine sul ruolo strategico della filiera bioeconomica per il rilancio del Sud.

La filiera bioeconomica

Lo studio SRM definisce la filiera bioeconomica come “l’attività di produzione di risorse biologiche rinnovabili e di trasformazione delle stesse e dei relativi scarti e rifiuti in produzioni di valore aggiunto (cibo, prodotti ed energia)”.

La filiera bioeconomica è strettamente connessa al territorio e possiede una forte capacità di creare legami produttivi e innovativi multidisciplinari.

I numeri della filiera “bio-based” nel Mezzogiorno

Dalla ricerca emergono dati fortemente incoraggianti, che mostrano come la filiera bioeconomica possa costituire per il Sud un’importante opportunità di crescita e sviluppo del territorio.

Secondo la ricerca la bioeconomia italiana offre, oggi, un valore aggiunto di 100 miliardi di euro e impiega circa 2 milioni di addetti. Nel Sud Italia il valore aggiunto si attesta intorno ai 24 miliardi di euro con circa 732 mila addetti impiegati, rispettivamente il 24% e il 36% del dato nazionale (numeri significativi se si pensa che il Sud rappresenta l’11% del valore aggiunto e il 16% degli addetti del manifatturiero).

In particolare, nella classifica meridionale, è la Campania la prima regione par valore aggiunto (6 miliardi di euro) e la terza per numero di occupati (142,2 mila, il 19,4% del Sud).

E se in Europa l’Italia è uno dei paesi in cui è più alta l’incidenza della bioeconomia all’interno del sistema bioeconomico sia in termini di produzione (10,2% contro una media del 9,4%) che di occupazione (7,9% contro una media del 7,4%), anche in questo caso nel Mezzogiorno l’impronta bioeconomica è maggiore rispetto alla media nazionale (6,8% in termini di VA e 10,7% in termini di occupati).

Tra le attività più rilevanti della bioeconomia al Sud spicca la filiera agroalimentare dove il valore aggiunto si attesta al 79% (Italia 62%) e il numero di addetti all’85% (Italia: 29,5%), mentre va invece migliorato il rapporto del valore aggiunto “bio” sul totale del VA dei settori in transizione che si attesta al 24% (Italia: 29,5 %).

Perché investire nei settori “bio-based”

Puntare sui settori della bioeconomia conviene. Sempre secondo lo studio SRM 100 euro investiti in Italia determinano un moltiplicatore complessivo di 117,4 euro, di cui 36,9 euro fuori dalla regione dell’investimento.

Questo significa che investire in questi settori genera un rilevante impatto economico, non solo per il territorio, ma anche per l’intera economia italiana.

Filiera bioeconomica e tecnologia: un legame a “doppio filo”

La seconda parte della ricerca mette in luce l’interconnessione tra l’avere un’impronta bioeconomica e un tessuto produttivo innovativo e digitale.

I dati mostrano come la filiera bioeconomica cresce soprattutto negli ambienti innovativi ed è strettamente connessa all’innovazione tecnologica.

Ecco perché per sostenere adeguatamente la transizione ecologica del nostro Paese occorre investire in ricerca, sviluppo e innovazione, coinvolgendo il mondo imprenditoriale e della Finanza, ma anche le Università e le Istituzioni.

Del resto, un numero sempre più alto di imprenditori è consapevole della necessità di effettuare investimenti in tecnologia e sostenibilità e per i prossimi tre anni si prevede una crescita degli investimenti innovativi al Sud del 60% (Italia: 52%) e un incremento delle produzioni bio del 40% (Italia: 31%).

Tre settori chiave della bioeconomia al Sud

L’analisi si conclude con tre settori della bioeconomia in forte crescita nel Mezzogiorno: il turismo sostenibile, la logistica verde e il settore delle costruzioni.

Gli ultimi dati rivelano, per esempio, come l’ambiente possa essere un input importante per lo sviluppo di un turismo di qualità (moltiplicatore di presenza da 103,4 euro di VA a 104,5 euro), un turismo sostenibile, più rispettoso dell’ambiente e delle comunità locali.

Un altro settore che gioca un ruolo di primo piano nell’economia circolare e nella bioeconomia rigenerativa è quello della reverse logistics, la logistica inversa. Si tratta di tutte quelle pratiche e processi di gestione dei resi e del rientro dei prodotti dai punti vendita al produttore per eseguirne la riparazione, il riciclaggio o lo smaltimento al minor costo possibile. Investire nell’ottimizzazione della logistica inversa comporta, infatti, grandi vantaggi in termini di risparmio e di sostenibilità.

Infine, anche il settore delle costruzioni è in forte espansione, con particolare riguardo alla rigenerazione urbana, alle smart cities e all’efficientamento energetico degli immobili. Assistiamo sempre più spesso a interventi di recupero di quartieri e aree degradate (soprattutto in periferia), in un’ottica di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

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Published by
Romina Ferrante