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Il mio 11 settembre è quello di Allende
12 Set 2013 07:51

Era quarant’anni fa che nel letto della mia stanza il latte divenne subito amaro. Mamma che dice: “Hanno ammazzato il presidente Allende“. Il golpe.

Il compagno presidente, fratello massone come mio nonno, socialista come mio padre, elmetto in testa difende la repubblica mentre l’aviazione bombarda. Bianco e nero anni Settanta.

Nixon ha pianificato tutto, avrà informato il suo amico Agnelli e anche mister Monti era in quel club che non permetteva rame nazionalizzato, potere al popolo. “El pueblo unido jamai sara vencido” era una pia illusione.

Il popolo era diviso. Camionisti in sciopero, pane scarso e borghesia cattolica anticomunista. Le armi al Mir non servirono e in Italia i carri armati e i Chicago Boys aprirono la strada al compromesso storico ideato da Berlinguer nella nostra Italia che non poteva consentire un sorpasso elettorale della sinistra.

L’epica della sconfitta tragica fu nostra. Sepulveda, Littin, Isabella Allende, Inti Illimani, Violeta Parra. Un lungo sonno e Pinochet il boia che muore nel suo letto.

Anni dopo l’altro 11 settembre. In diretta televisiva. L’America dopo tanto complottare era aggredita in casa. Avevamo vagheggiato età aurea di pace. Entravamo nel conflitto globale: Ferro, Petrolio, carbone, e zucchero, e rosso rame, e telecomunicazioni.

L’America del Nord, quella centrale e quella del Sud, e l’Afghanistan, l’Iraq, la Siria, e il corso del Tago, i ruderi di Roma, il nuovo Impero e le moltitudini globalizzate ebbero le sorti mutate in un 11 settembre che si dava la mano con quello precedente quando in Cile i militari con i lori stivali unti da Nixon calpestarono il Palazzo presidenziale del compagnero presidente Salvator Allende.


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