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Il primo partito in Italia è l’astensionismo
28 Nov 2014 08:42

Quindi ricapitolando.

Non solo il Pd, che ha la maggiore responsabilità per essere al governo del Paese, ma tutti i partiti hanno perso centinaia di migliaia di voti.

E’ una tendenza, chiara ed inesorabile, che si trascina dalle elezioni regionali siciliane del 2012, quando al governo del Paese c’era Monti. Da quando è stato deciso, arbitrariamente ed unilateralmente, che del voto degli italiani si potesse fare a meno. La cooptazione dall’alto come metodo di governo in sostituzione dell’elezione dal basso.

Da anni, perciò, il primo partito in Italia è quello dell’astensionismo.

Non i Partiti, ma quello che oggi sono diventati, nazionalmente e localmente – ossia delle strutture liquide e amorfe che non agiscono per il bene comune perché dominate da amorali prestanome che ricercano il potere per conto di lobby finanziarie – spinge sempre più cittadini a disertare le urne. Ilvo Diamanti, con un’approfondita indagine elaborata dall’istituto Demos nel dicembre del 2013, documentò la totale sfiducia degli italiani verso le Istituzioni democratiche e, in particolare, verso i partiti: solo il 5% circa dei cittadini li riteneva strumenti vitali e necessari per la democrazia.

Questa percentuale oggi è aumentata o diminuita? Difficile dirlo. Quello che, invece, possiamo dire, forse con poco rischio di essere smentiti, è che la stragrande maggioranza dei cittadini italiani è rassegnata ed esasperata. Non crede più a nessuno. Non crede più alla potenza salvifica e rigeneratrice della politica. Alla bellezza della politica intesa come strumento prioritario per creare per tutti e condivisibilmente un futuro migliore. La politica, per tanti, è vista oggi soltanto come la via principale per avere, in modo non trasparente e meritocratico, un lavoro o una possibilità di guadagno.

La politica come esaltazione dell’autoreferenzialità, della disonestà, della mediocrità culturale e della meschinità morale. Per molti sia Renzi sia Grillo con il suo movimento rappresentavano le uniche, ed ultime, alternative. “Non c’è alternativa” è stato per mesi il messaggio intimidatorio enormemente enfatizzato in modo stucchevole anche da certi (finti) giornalisti. Stanno fallendo entrambi.

Il primo per la sua smisurata bramosia di potere che lo rende cieco davanti alle emergenze reali e sociali che stanno investendo il Paese e per un atteggiamento parafascista verso coloro che dissentono costruttivamente. Il secondo perché non ha saputo trasformare in proposta convincente il voto di protesta. Rinchiudendosi, anche lui, nel recinto dell’uomo solo al comando. Se salissimo, idealmente, su una montagna, sforzandoci di vedere lontano, vedremmo un’Italia in fiamme. A rischio esplosione. Sotto la cenere della disperazione arde la rabbia e l’odio. E’ il terreno ideale nel quale possono fecondamente seminare i professionisti dell’intolleranza. C’è da essere preoccupati. E tanto, per quel che potrebbe succedere nei prossimi mesi.

Ma, tuttavia, occorre avere, ancora e nonostante tutto, speranza. E coraggio. E responsabilità. E capacità di visione. I veri cambiamenti non sono mai stati teneri e noi – non so quanti stiano capendo effettivamente cosa sta succedendo in Italia – siamo prossimi, probabilmente, ad una svolta epocale. Bisogna crederci. Non basta più la mera indignazione. Occorre la reazione. Una reazione costruita e alimentata, pacificamente e pragmaticamente, dalla stragrande maggioranza delle persone oneste, competenti, appassionate, che amano questo benedetto-dannato Paese e non si arrendono alla sua estinzione. C’è un bisogno immenso di Politica. Di buona politica. E un’alternativa c’è, se solo fossimo in grado di vederla. Siamo Noi.


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