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La ripresa economica può cominciare dalle erbe officinali
24 Ago 2020 18:51

È vero che la congiuntura economica negativa attanaglia l’Italia già da diversi anni, ma il primo lockdown della nostra storia moderna ha dato vita a profonde riflessioni sul ruolo dell’agricoltura ai giorni nostri. Da un lato il settore ha sofferto la improvvisa mancanza di manodopera per le varie limitazioni imposte alla circolazione, dall’altro ha dimostrato ancora una volta quanto sia importante per approvvigionare anche nei momenti più critici.

Ormai tutto il mondo conosce bene l’alto livello dell’industria agroalimentare italiana, con i suoi profumi e sapori unici che fanno la fortuna di startup del Sud che portano l’olio in digitale. Come è vero che i giovani stanno ritornando alla terra, il mezzogiorno sta riconsiderando alcune culture per così dire minori.

Le prime mosse dell’Unione Europea

La Commissione Europea ha presentato ufficialmente la propria proposta legislativa nel quadro di Politica Agricola Comune 2021-2027, all’interno del più ampio pacchetto di norme che riguardano l’assetto finanziario di tutto il periodo di riferimento, per ora in itinere. Le risorse da destinare al settore agricolo comunitario sono oltre 300 miliardi di euro.

Purtroppo l’emergenza Covid ha comportato un allungamento dei tempi inizialmente previsti per l’avvio della nuova Politica Agricola, che non entrerà in vigore prima del 1 gennaio 2023.

Il business delle piante officinali e aromatiche

Stando ai dati della Coldiretti, sono quasi 300 le piante officinali utilizzate in Italia per via delle loro naturali proprietà sfruttate per scopi erboristici, farmaceutici, cosmetici, liquoristici, culinari, per la preparazione di prodotti per la profumeria, per l’industria dolciaria, infusi, per la difesa delle colture biodinamiche, per l’igiene della persona o l’estrazione di oli essenziali.

Solo per citare alcune delle specie più utilizzate, ci sono basilico, menta piperita, lavanda, peperoncino, tarassaco, maggiorana, timo, rosmarino, salvia, eucalipto, mirto, stevia e lippia, zafferano, camomilla, echinacea. Piante apparentemente poco significative, dalle quali si estraggono molte sostanze importanti per la salute come caroteni o la vitamina C, terpeni e flavonoidi fondamentali per contrastare l’invecchiamento delle cellule di tutto il corpo.

Secondo i dati riportati nel Piano di settore delle piante officinali, sono circa 3.000 le aziende agricole italiane impegnate nella coltivazione di piante aromatiche, medicinali e da condimento. Seppure con un totale di oltre 7.000 ettari dedicati, la attuale produzione riesce a soddisfare solo il 30% della domanda nazionale costringendo ad una importazione soprattutto da Asia e Medioriente.

Il Sud sta capendo sempre di più questa esigenza del mercato, anche grazie a ciò che ha imparato dalla quarantena: il Nord Europa è affamato di erbe italiane. Lo hanno capito in particolar modo in Liguria e nella Piana del Sele, nel salernitano, quando non hanno potuto far fronte al grande export. Ma le aziende lungimiranti si stanno organizzando con impianti di essiccamento e congelamento per non farsi cogliere impreparati, per sfruttare al meglio l’opportunità commerciale; non ultimo il fatto che la redditività dei terreni adibiti a coltivazione di erbe officinali e aromatiche è sensibilmente maggiore di quella per la produzione di ortaggi generici.


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