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L’Italia per ripartire non deve distruggere (ancora) il territorio
12 Ott 2014 09:16

Matteo Renzi lo ha presentato come “Sblocca Italia”.

Ambientalisti, studiosi ed amministratori lo hanno invece ribattezzato in vari modi: Sfascia Italia, Rottama Italia, Svendi Italia.

Tecnicamente è il Decreto-Legge 12 settembre 2014, n. 133 (http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/09/12/14G00149/sg) che, nelle intenzioni del Premier, dovrebbe servire a rilanciare il Paese, ma che invece per un’Associazione ambientalista come il WWF darà “il via libera ai saldi di fine stagione per il territorio e le risorse del nostro Paese”.

Ancora una volta l’Italia crede che per ripartire ed uscire dalla crisi sia necessario procedere attraverso deroghe alla normativa di tutela ambientale ed anacronistici accentramenti nelle mani del Governo centrale emarginando completamente regioni, enti locali e cittadini.

Non usa mezzi termini, Donatella Bianchi, Presidente del WWF Italia: “Con il decreto Sblocca Italia, si favoriscono i  soliti insostenibili interessi speculativi: tutto ciò è pericoloso e controproducente per il futuro Paese”.

In pratica, al momento di fare le scelte fondamentali, l’Italia continua ad insistere sul vecchio, senza sforzarsi minimamente di mettere in campo un’azione lungimirante ed innovativa che possa farla uscire dalla stagnazione in cui è piombata.

Di “minaccia per la democrazia e per il nostro futuro” parlano apertamente gli autori dell’istant book gratuito “Rottama Italia” di Altreconomia Edizioni (http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=4852): da Paolo Maddalena a Salvatore Settis, da Paolo Berdini a Vezio De Lucia, da Anna Donati a Carlo Petrini ed altri ancora, tutti convinti che lo Sblocca Italia sia un doppio salto mortale all’indietro, un vero e proprio ritorno al passato in cui non ci può essere “sviluppo” senza “cemento”.

E in effetti a leggere il testo c’è da rimanere stupiti: un Governo che dichiara di voler “cambiare verso” è riuscito a mettere insieme uno straordinario campionario di furbate degne del peggior ceto politico italico.

E così con lo Sblocca Italia tutto diventa “strategico”: dagli inceneritori di rifiuti alle attività di ricerca di idrocarburi, dai gasdotti ai rigassificatori, per tutto si ipotizza una deroga, una procedura privilegiata. Tutto senza darsi nessuna priorità e senza alcuna pianificazione, come se il nostro Paese non fosse già stato massacrato da cementificazioni selvagge e come se l’insensato modello di crescita inseguito non avesse già mostrato tutta la sua insostenibilità ambientale ed economica.

Il fatto che già oggi l’Italia sia il terzo Paese in Europa (dopo Francia e Germania) per numero di inceneritori e che l’Unione Europea abbia stabilito lo stop all’incenerimento dei rifiuti riciclabili non ferma la furia derogatoria. Quella stessa furia derogatoria che non arretra neanche davanti all’evidenza che le riserve di idrocarburi in Italia sono talmente scarse che se anche potessimo estrarre il potenziale di tutti i giacimenti petroliferi italiani (a terra e in mare), questo basterebbe a soddisfare il fabbisogno nazionale solo per pochi mesi.

Per ripartire c’è bisogno di nuovi inceneritori; c’è bisogno di trivellare a terra (Abruzzo e Basilicata dovrebbero cedere gran parte del proprio territorio alle “servitù petrolifere”) e in mare; c’è bisogno di consentire ai concessionari autostradali di rinnovare senza gara i rapporti concessori con l’ANAS attraverso “l’unificazione di tratte interconnesse, contigue, ovvero tra loro complementari”; c’è bisogno di bonificare un po’ meno i siti inquinati; c’è bisogno di costruire un meccanismo per eludere il nulla osta delle Soprintendenze sulle autorizzazione paesaggistiche; ma soprattutto c’è bisogno di estendere a tutta l’Italia quel sistema derogatorio che, dove è stato applicato nel passato, ha prodotto poche opere, ma tanta corruzione.


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