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Grasso porta in scena l’antimafia
24 Apr 2014 09:31

Una “prima” molto attesa sera al Teatro Biondo di Palermo, per un autore d’eccezione. In scena lo spettacolo di Pietro Grasso “Dopo il silenzio”, scritto da Francesco Niccolini e Margherita Rubino e tratto dal nuovo libro del presidente del Senato “Liberi tutti”.

Nel palco centrale, oltre a Grasso, anche il presidente della Regione, Rosario Crocetta e altri esponenti politici. E’ la seconda esperienza teatrale per l’ex procuratore, dopo “Per non morire di mafia”, che per due anni ha girato le scene dei teatri italiani.

Entrambi gli spettacoli sono stati fortemente voluti da Sebastiano Lo Monaco, che ancora una volta si è calato nei panni di Pietro Grasso, con una forza e una passione davvero sorprendenti, bravo e convincente anche nelle sfumature di un personaggio non facile.

Il testo racconta l’impegno personale di Grasso, da giudice a latere del maxiprocesso a Procuratore nazionale antimafia, nella lotta a Cosa Nostra e ha una precisa impronta autobiografica.

In “Dopo il silenzio” i personaggi sono tre: un giovane mafioso che sta per morire, il giudice e sua moglie, Maria Fedele, che per più di 30 anni ha insegnato nelle scuole “difficili” di Palermo, impegnata in un’attività costante di promozione della legalità, in totale simbiosi con gli ideali del marito.

Il personaggio della moglie è impersonato da Mariangela D’Abbraccio, quasi una vestale della appassionata lotta alla mentalità mafiosa, nel difficile tentativo di “redimere” quei ragazzi che pur appartenendo a “zone sociali” a rischio o mafiose tout court, incontrano nella scuola la sola opportunità di cambiare vita e destino.

E tutto questo a rischio concreto della propria incolumità, come nel caso dell’auto della professoressa che venne danneggiata, minacce e notizie mai divulgate, non tanto per tacere lo scandalo e il sopruso, quanto per continuare a lavorare nell’anonimato alla costruzione di una società migliore.

Oltre alla D’Abbraccio e a Lo Monaco, in scena anche l’attore siracusano Turi Moricca, nei panni del giovane mafioso.

La regia, misurata, di Alessio Pizzech, impedisce che si scivoli nella retorica ed è molto efficace il muro di pietra grigia che chiude la scena e si trasforma in schermo per proiettare la lunga teoria di martiri della nostra storia, da Falcone a Borsellino, a padre Puglisi, a Karol Wojtyla.


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