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Grazie San Nicola perché proteggi Bari
11 Mag 2014 07:30

Ero a Roma per lavoro quando squillò il telefono: dall’ufficio mi comunicavano che le fondamenta di un palazzo a Bari avevano ceduto. Il rischio di crollo totale dell’edificio era molto concreto e, dunque, bisognava intervenire immediatamente.

Dopo avere ordinato lo sgombero di tutti i palazzi vicini, l’intervento della squadra che doveva puntellare l’edificio, il distacco dell’energia elettrica e del gas di tutta l’area, mi avviai verso l’aeroporto di Fiumicino per prendere il primo volo e durante il tragitto mi chiesi cos’altro avrei potuto fare.

Composi il numero di Padre Bova, allora priore di San Nicola, per raccontargli la mia angoscia e per chiedergli un intervento speciale.

Tutti i padri cominciarono a pregare e, sembrerà strano, ma il palazzo rimase in piedi e avemmo il tempo di puntellarlo, evitando così una tragedia.

Capisco che sarebbe facile dimostrare la mia ingenuità, ma il rapporto tra noi baresi e San Nicola è così, istintivo, veloce, senza fronzoli, poche chiacchiere e tanta sostanza. Sostanza basata sul rispetto di noi stessi, innanzi tutto, e di tutti gli altri, senza distinzione di razza, sesso, religione, perché San Nicola non ci consente di essere arroganti, razzisti, bigotti, non accetta processioni barocche e pretende accoglienza per chiunque ne abbia bisogno.

Al mattino presto, il 6 dicembre o l’8 maggio è lo stesso, il Sindaco si sveglia prima dell’alba “e viene prelevato”, è scritto proprio così sul programma, dalla polizia municipale, in persona dell’ufficiale più alto in servizio, per partecipare alla prima funzione religiosa della giornata. Se si arriva in tempo, si scambia qualche parola con i padri nella sagrestia, sorseggiando un caffè.

Mi scappò una volta di dire che il Sindaco di Bari, in realtà, è solo il vice Sindaco di San Nicola. Puntualmente il priore, pochi minuti dopo, condivise quel pensiero con l’immensa folla radunata a messa! E da quel giorno Padre Bova, sempre lui, mi chiama vice Sindaco!

Il Patrono ha tanti amici e molti di questi sono ortodossi, gente magnifica, con un solo difetto: le loro messe durano tre ore e, di solito, seguono delle robuste bevute di vodka che certo non aiutano a sopportare il caldo e la stanchezza. Ma l’emozione di sentire i canti dei Pope, anche quella, la dobbiamo a San Nicola.

Se sono andato nella base aerea della Difesa di Mosca, la più importante della Federazione Russa, accompagnato dal comandante della base aerea di Galatina, già membro delle Frecce Tricolori, ebbene, la “colpa” è sempre la sua; perché un’intera pattuglia aerea russa, niente di meno, voleva venire in pellegrinaggio a Bari, “aerei e tutto”.

Il progetto poi non si è più realizzato e, a ripensarci oggi, la mente non può che andare, con grande tristezza, a ciò che sta accadendo in Ucraina, e per questo spero che Lui intervenga ancora una volta.

Il dialogo ecumenico in realtà, oltre che una complessa procedura di riconciliazione teologica, è un anelito alla pace e al superamento di una divisione dell’Europa che dura dallo scisma d’Oriente. San Nicola è in campo dalla felice Bari per ricongiungere ciò che si divise probabilmente per misere questioni di potere degli uomini.

Ed allora, partecipare alla processione con i pellegrini d’Abruzzo, in qualche caso arrivati a piedi lungo i tratturi della transumanza, serve a garantire la guarigione dei malati, soprattutto dei malati di potenza, di presunzione, di odio e di avarizia. Perché San Nicola ha un tesoro che non è fatto solo di oro e di argento, ma anche di persone. E in particolare, di una parte speciale di queste persone, la cui origine è frutto di tante storie diverse, ricomposte in quello che io chiamo “U core di Bari”.

Essere il Sindaco di questo popolo straordinario, che parla una lingua fatta di parole brevi e distinte per essere intese da una barca all’altra, è stato bello, quasi come vedere per la prima volta in una culla i miei figli. Bello come stare sotto il sole di maggio a guardare i pellegrini in mare accalcarsi attorno alla statua del Santo ascoltando il dialetto barese di Padre Lorenzo. È stato entusiasmante e commovente come quando andammo in serie A senza neanche giocare la partita. Quel giorno era un 8 maggio.


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