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Non basta “l’ammuina” su Filiberto, Pompei va salvata ogni giorno
28 Nov 2013 08:50

Fatta forse eccezione per le anziane spettatrici di “Ballando con le stelle”, nei giorni scorsi c’è stata qui a Napoli e provincia una generale alzata di scudi nei confronti del sindaco di Pompei, Claudio D’Alessio, che ha pensato bene di nominare il principe Emanuele Filiberto di Savoia (da noi meglio noto come Principe Saclà) quale ambasciatore di Pompei nel mondo.

La vicenda è assai simbolica e racconta di un Sud che proprio non ne può più di certe buffonate. Gli scavi archeologici di Pompei, hanno ricordato tanti, sono stati iniziati per volere di Carlo III di Borbone. E in più qui a Sud, ultimamente, grazie anche ad alcuni scrittori fortunati come Pino Aprile, ormai dici Savoia e dici invasore, colonizzatore, nemico della nostra terra. “Fora Savoia, fuori il boia, fora Caino fratello d’Italia” è il testo di una delle ultime canzoni di Mimmo Cavallo dedicate alla storia duosiciliana. La canticchiano un po’ tutti nel mondo meridionalista e non solo. In virtù di ciò gruppi come i Comitati Due Sicilie o come i Neoborbonici hanno iniziato una raccolta firme contro il sindaco e contro la nomina dell’effimero personaggio (che per altro ha ammesso su twitter che era la prima volta in vita sua che si recava a Pompei, che non conosceva affatto).

All’indignazione generale abbiamo partecipato anche noi di insorgenza, attraverso il nostro sito, senza però mancare di ricordare che forse, per Pompei, varrebbe la pena farne altre di alzate di scudi.

In questi giorni si è parlato tantissimo del film realizzato dal British Museum proprio su Pompei per celebrare l’incredibile successo della mostra tenutasi a Londra la scorsa estate, divenuta “l’esposizione dell’anno”.

Secondo The Guardian il documentario “ricorda al mondo che Pompei non è solo un attrazione turistica, ma la testimonianza più importante che ci è rimasta sul passato dell’umanità”.

Peccato che poi nessun’altro lo ricordi quando Pompei perde un altro pezzo.

Sono trascorsi già ben tre anni dal crollo della Schola Armaturarum, altrettanti dalle dimissioni dell’allora ministro Bondi ma la città vesuviana crolla ancora.

L’ultimo episodio proprio ieri, a causa delle piogge: una parte di stucco situato all’interno della Casa del Torello ha ceduto, mentre il muro di cinta posteriore delle Terme centrali si è ritrovato con uno squarcio di oltre 2 metri di lunghezza per un metro di altezza. Questo mentre amministratori vari firmavano, nell’auditorium degli scavi, il protocollo d’intesa per il piano di gestione Unesco che prevede l’ampliamento della zona di rispetto intorno alle aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata e le nuove regole di gestione del territorio, che dovranno essere compatibili con il sito stesso secondo quanto richiesto dall’organizzazione Onu alla fine di giugno, quando aveva comunicato al nostro Paese il suo ultimatum: l’Italia presenti entro il 31 dicembre 2013, il progetto di salvaguardia dell’area altrimenti i fondi Ue (105 milioni) sono a rischio.

Ad ogni modo col protocollo Regione, Provincia, Comuni firmatari e Comunità locali, dovrebbero poter collaborare con il ministero per implementare il piano di gestione, per garantire nel tempo l’integrità del sito e conservarne la presenza nella lista del Patrimonio mondiale dell’umanità. O almeno questo è quanto prevede l’accordo. Perché poi tutto quello che sta ancora crollando a Pompei dimostra che concreti passi in avanti nella direzione della tutela non sono ancora stati compiuti. L’ulteriore ritardo nella nomina del direttore generale di Progetto, previsto dalla legge ‘Valore Cultura’ approvata dal parlamento poco più di un mese fa, per volere del ministro Massimo Bray – quella che di fatto utilizzerebbe i fondi Ue – conferma che si è ancora in alto mare. Si fanno nomi improbabili, di gente che ha incarichi altrove, sponsorizzata da tizio o da caio, quando la nuova legge prevede che il nuovo “super manager” venga dalla Pubblica amministrazione.

E allora un Sud degno della sua storia e della sua gloria ma capace di guardare al futuro, non può “fare ammuina” solo per la nomina di Emanuele Filiberto, sicuramente vergognosa: una protesta va bene, ma poi bisogna occuparsi di Pompei ogni giorno, farsi sentire, seguire le vicende istituzionali, denunciare lo stato d’abbandono, essere presenti. Altrimenti non saremo credibili quando diciamo di voler cambiare le cose, a cominciare da questa classe dirigente perduta e incapace. E saremo percepiti solo come un fenomeno folcloristico: borbonici contro savoiardi, oggi come oggi, è una contrapposizione che se presentata così sguarnita di fatti è stantia come la contrapposizione tra fascismo e comunismo. Roba buona solo per tenere in alto il vessillo – quello mai in disuso – del Dividi et Impera. Ma che non fa bene a nessuno, men che mai al nostro Sud e al nostro patrimonio artistico e culturale, che nel mezzogiorno vede proprio Pompei al primo posto tra i luoghi più visitati d’Italia.

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