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Balvano, la chiesa dove si spensero 66 vite
05 Lug 2014 14:32

Era una serata fredda di novembre. A Balvano, paese del potentino.

Alle 19.00 le mamme, i papà ed i nonni, accompagnavano bambini e ragazzi infagottati, alla messa dedicata ai giovani. La meta era la Chesa Madre di Santa Maria Assunta.

Alle 19.30 inizia la funzione. L’ultima delle quattro della giornata.

In tv danno la parita in differita sella serie A.

E’ il 23 novembre del 1980, il campionato aveva visto nel pomeriggio: il pareggio del Napoli a Bologna, la Juventus battere l’Inter per 2 a 1 e l’Avellino in goleada sull’Ascoli di Costantino Rozzi.

Passano quattro minuti, in quella chiesa, il tempo di fare il segno della croce. I ragazzi iniziano a sentir muovere il pavimento sotto i piedi, sempre di più. Novanta secondi di sommovimento da destra a sinistra. Una violenza inaudita.

Crolla il tetto e la balaustra dell’ingresso, occludendo l’ultima via di scampo.

Sessantasei morti. Nessun sopravvvissuto.

La radio nazionale dà per prima la notizia del terremoto in Irpinia. Si apre il gr in edizione straordinaria, parlando di una chiesa crollata a Balvano, provincia di Potenza, che ha provocato 200 morti.

Poi si passa a Napoli: “colpita da una scossa del settimo grado della scala Mercalli.”

Mio Dio. Cosa è successo? Tra Balvano e Napoli passano centocinquanta chilometri. Che sia sparito un pezzo di Sud?

Trentaquattro anni dopo si sa che i morti sepolti in quella benedetta chiesa, sono stati sessantasei. E tutti all’epoca, si chiesero, se si può andar a pregare Iddio e trovare la morte.

Fu tale il dilemma e lo scoramento che a Balvano accorse quel grande papa che è stato Giovanni Paolo II. Qualcuno voleva spiegazioni teologiche, umane e divine. Il papa per la confusione, rimase intrappolato in auto ed un giornalista riuscì a comunicargli una domanda lapidaria: ” Santità, tra tanti lutti e tanta sofferenza, la gente non prega più!”

Il papa colse il nesso con il crollo della chiesa, stette per lunghi secondi in silenzio, poi disse: “Non è vero che non pregano, la loro sofferenza è preghiera.”

Quella sera, alle 20.00, a chi cercava Radio Lioni, sulla modulazione di frequenza, compariva un fruscio. Assente.

L’Ospedale di Sant’Angelo dei Lombardi risultava accartocciato su se stesso. Di molti paesi non si aveva più traccia telefonica. Spariti.

In quella chiesa, il giorno dopo, i parenti dei sepolti vivi, vagavano per trovare qualche traccia.

La chiesa di Balvano era un cumulo di riconoscibilissimi detriti.

Ora in quel luogo c’è la copia ricostruita dell’edificio sacro, con una foto del papa col manto sporco di polvere. E c’è una lapide, con il nome di 66 morti. Periti mentre pregavano.

Tanti i bambini.

Balvano contava all’epoca 2.200 abitanti, ora ne ha 1800. E vanta una medaglia d’oro al merito civile su cui è vergato: “In occasione di un disastroso terremoto, con grande dignità e spirito di sacrificio ed impegno civile, affrontava la difficile opera di ricostruzione del proprio tessuto civile.”

Balvano, 425  metri sul livello del mare. Provincia di Potenza, Italia.


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