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L’italian startupper che sfida i giganti del web
15 Apr 2015 08:01

Racconta il blog StartupItalia che anche se i giornali americani lo hanno indicato spesso nelle interviste come «an Italian startupper», Marco Zappacosta, 30 anni, in realtà è nato in California. Poco dopo che i suoi genitori si trasferissero lì dall’Abruzzo. 35 anni fa. Papà imprenditore (abruzzese), negli Usa per lavoro.

 

Negli ultimi 5 anni a San Francisco si è speso esclusivamente allo sviluppo della sua startup. Thumbtack, puntina in inglese. L’idea arriva nel 2009 ed è un portale che mette in contatto il mondo degli artigiani e dei piccoli professionisti con il grande pubblico. Pochi feedback positivi all’inizio, come racconta in un’intervista a Mo.com. Comincia a bussare alle porte di piccoli artigiani, idraulici, falegnami locali. «Chiedevo se volevano registrarsi a Thumbtack» racconta al blog per «sottoporsi alla valutazione della rete e trovare clienti». Da qui i primi passi che gli consentono di creare una community forte, «i primi 100 utenti pazzi della tua idea» direbbe Paul Graham di Y-Combinator. Per loro pensa un sistema di selezione personalizzata di fornitori e clienti. Il gioco è fatto.

Li trova i primi 100 pazzi. E insieme, racconta il blog StartupItalia, alle porte degli early adopter, Zappacosta bussa anche a quella di diversi investitori. Raccoglie nel 2012 i primi 2,5 milioniper crescere. La community arriva a contare 100mila persone. La svolta arriva a luglio 2014. Prima Sequoia e Tiger investono nella startup 30 milioni di dollari. Poi arriva Google Capital che ne investe altri 100. Una cifra più che sufficiente per crescere, e tanto. Forse anche troppo. Perché Google, che quando ha investito in Thumbtack aveva detto di volerlo fare perché «poco interessata a quella nicchia di mercato», secondo quanto ha riportato BuzzFeed in un pezzo intitolato: «Google vuole mandarti un idraulico» racconta che Mountain View avrebbe già pronta una piattaforma molto simile a Thumbtack nel settore dell’home services market. Forse un errore di comunicazione interno, o un cambio immediato di strategia che ha messo nei guai i manager di Google Capital: che ha investito in una società che rischia di essere il maggiore competitor su un mercato nel quale Google non è ancora entrata.

«Quello che mi ha convinto di Google Capital è quando mi è stato detto al momento dell’investimento: Noi non investiamo in aziende che pensiamo possano essere in qualche modo in competizione con Google, né al presente né per i nostri orizzonti di crescita» ha dichiarato in un’intervista Zappacosta lo scorso agosto, qualche giorno dopo il round chiuso con Mountain View. «Perché è ovvio che Google in quel caso non investirebbe in loro, le ucciderebbe o le comprerebbe».

Google Capital è una società di investimento nata nel 2013 che copre quello che viene chiamato il late-stage (il contrario fa Google Venture, che fa investimenti seed), investimenti più sostanziosi in aziende già avviate e che già hanno mercato. L’obbiettivo è far diventare grandi e forti le aziende in cui hanno investito. Accelerarne la crescita. E’ quello che hanno fatto con Thumbtack, che oggi conta mezzo milione di professionisti registrati e ha permesso a Zappacosta di essere rinominato negli Usa il «Jeff Bezos delle partite Iva».


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