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Il modello #Puglia che fa bene all’#Italia
17 Ago 2015 06:07

Agli inizi del 2000 accanto ai grandi modelli sociali ed economici lombardo e emiliano gli analisti ponevano le Marche, l’Abruzzo, l’Umbria e la Puglia come nuovi soggetti ai quali prestare attenzione.

Affinità economiche determinate dal modello dei Distretti terziari avanzati, ragioni di contiguità geografica (almeno per le regioni dell’Italia centrale), la necessità di costruire una nuova governance per gestire i processi di trasformazione in atto – il Federalismo e la Riforma del Titolo V – erano le ragioni che stavano alla base di queste valutazioni.

Dopo 15 anni, a causa anche della crisi globale che ha evidenziato la fragilità culturale del tessuto economico dell’Italia centrale, la rivincita del “piccolo è bello” è stata definitivamente archiviata, favorendo fenomeni nuovi come aggregazioni tra imprese, Poli di Innovazione, concorrenza anche nel sistema delle Università.

Il lavoro culturale e creativo è cambiato e più ancora cambierà nei prossimi anni, sviluppando e facendo crescere altre forme produttive caratterizzate da percorsi eterogenei legate al mondo delle start-up e della innovazione, dei co-working, dei processi di riorganizzazione delle città, della economia della condivisione.

In questi settori la Puglia da oltre un decennio è uno straordinario laboratorio propulsivo, perché è riuscita ad avviare una radicale transizione fondata proprio sulla cultura della creatività, che prima di tutto è stata un investimento sulla rigenerazione urbana.

Dal 2005 l’allora assessore regionale all’Urbanistica Barbanente ha messo in campo una nuova governance per regolare lo sviluppo urbanistico, con una legislazione destinata a diventare un punto di riferimento nazionale, grazie anche alla capacità di riqualificare quartieri degradati, spazi pubblici dismessi e dati poi in gestione per le attività di coworking come sta accadendo nei vecchi padiglioni della Fiera di Bari, dove stanno lavorando circa 80 giovani.

Il cuore del Modello Puglia è, per dirla con le parole del sociologo industriale Aldo Bonomi, la creazione delle agenzie e dei programmi verticali dedicati allo sviluppo delle filiere culturali (Apulia Film Commission, Puglia Sound, Teatro Pubblico Pugliese degli anni ’80 e Puglia Promozione per il turismo), del distretto orizzontale della Puglia creativa, che si è trasformato in una vera e propria fabbrica dell’intrattenimento con oltre 9mila eventi, che hanno contribuito a dare vita alla trasformazione anche del modello turistico della regione.

L’interesse del modello pugliese non sta nelle singole strutture o eventi ma nella capacità della creatività diffusa, con l’emergere di una nuova impresa culturale multifunzionale, un’impresa che non esaurisce la propria attività nel produrre solo fatturato, ma si “fa società” e contribuisce alla costruzione di un brand riconoscibile e diffuso su tutto il territorio regionale.

Per arrivare fin qui la Puglia – che nel frattempo ha riqualificato anche la sua offerta turistica, investendo sulla qualità del servizio e potenziando due infrastrutture strategiche come sono gli aeroporti di Bari e Brindisi – ha impiegato più di un decennio.


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