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Per capire la #Basilicata bisogna guardare la sua anima
13 Mag 2016 14:18

Terra docile e silenziosa, il suo nome è arrivato in talk show e testate giornalistiche a causa di disastrosi fatti che l’hanno vista protagonista negli ultimi mesi. In quest’occasione qualcuno l’ ha definita come piccola e coraggiosa, ma da lucana, la vedo più una signora generosa: la Basilicata. Rigogliosa di ricchezze naturali, continua a donarle nonostante l’ingratitudine delle deturpazioni o le mancate valorizzazioni. Dal verde dei campi, il nero del petrolio, l’azzurro delle sue acque ed i mille sapori delle sue prelibatezze. Per capirla davvero, bisogna guardarla  dal suo interno, attraverso quelle piccole realtà che ne fanno la quotidianità e che, avvicendandosi tra inerzia e volontà, ritrovano nel tempo la strada del riscatto.

Senise è un piccolo paese della provincia di Potenza che ospita la diga più grande d’Europa costruita in terra battuta: la Diga di Monte Cotugno. Una grande infrastruttura che nel 1984 ha occupato circa duemila ettari di terreno a destinazione agricola, lasciando così circa 700 famiglie prive della loro principale fonte di sostentamento: l’agricoltura. Un paese che non si è arreso ed ha cercato e trovato nuovi terreni sui cui coltivare ciò che ad oggi è diventato un marchio IGP: il peperone crusco di Senise. Uno spirito da fenice che sembrava però essersi dissipato negli ultimi tempi, spettatori di un progressivo spopolamento che ha visto sempre più giovani partire in cerca di studio, formazione e lavoro, ed i pochi adulti ed anziani rimasti privi di quelle energie necessarie per guardare a nuovi sviluppi delle risorse esistenti.

Questo immenso specchio d’acqua, ad oggi sembra rimasto vittima dello scopo che ne richiese la realizzazione: agricolo, industriale e potabile. Eppure, per la collocazione paesaggistica tra calanchi rimboschiti e verdi pianure, ben si presterebbe allo sviluppo di attività sportive, ricreative ed agroalimentari, che potrebbero costituire il volano per la ripresa di un’area inespressa, offrendo attività ad un bacino di utenza tanto territoriale che extraterritoriale. Di tutte le possibili valorizzazioni, una in particolare, quanto inaspettata, ha catturato l’attenzione del Programma Speciale Senisese, tanto da diventare quasi realtà tra circa un mese: il macro attrattore, un anfiteatro sul grande lago, che ospiterà nel mese di giugno un grande spettacolo artistico  sullo sbarco dei Greci. “La Magna Grecia. Il mito delle Origini”. Un’ attività pensata, spiega l’amministrazione, per attrarre quella fetta di turismo che si sta recando in Basilicata per visitare la splendida Matera Capitale Europea della Cultura 2019. Ma, in virtù delle carenze infrastrutturali stradali e ferroviarie che affliggono questa zona, viene facile domandarsi come faranno questi turisti a sbarcare a Senise agevolmente e, soprattutto, una volta sbarcati, come faranno a non notare il degrado in cui versa la zona lago circostante l’area dell’anfiteatro.

Tuttavia, posta la valida alternativa delle micro attrattive(sport acquatici, aree campeggio, sentieri faunistici, zona balneare, mercato ortofrutticolo, ecc.),  tanto per una maggiore lungimiranza della vitalità delle iniziative quanto per una concreta esigenza con un possibile bacino d’utenza territoriale ed extraterritoriale, secondo l’amministrazione il motivo della mancata considerazione delle stesse, e dunque della mancata valorizzazione dell’invaso, sono da rinvenire nel continuo spopolamento e nel mancato interesse, di giovani e famiglie, di investire nel proprio territorio. Ma, per fortuna, il bello di questa terra e del Sud, è che non si fa in tempo a darsi per vinti che ci si rialza a camminare. Ed è proprio quanto sta accadendo da qualche anno. Diversi giovani sono ritornati in terra natia per riprendere le redini dell’ attività agricola di famiglia, restituendole nuova luce ed un più ampio respiro di mercato, dalle aziende vinicole a quelle di coltivazione e lavorazione del peperone IGP. Altri ancora sono ritornati con il sogno di applicare quelle competenze acquisite, per lo sviluppo e la valorizzazione territoriale, al territorio dal quale sono partiti, si, ma solo per ritornare. Ed in effetti, se è vero che spesso il più grande freno dello sviluppo è la miopia di istituzioni nella gestione delle risorse territoriali, è anche vero che  per avere delle istituzioni con una buona visione, bisogna insegnare in primis ai cittadini a volgere lo sguardo al proprio territorio. E proprio questi giovani, ritornati per far ripartire la propria terra, saranno senz’altro in grado di fare anche questo lavoro, con l’esempio del proprio percorso ed attraverso iniziative che in modo fattivo possano risvegliare l’interesse dei nuovi giovani in partenza, a ritornare al Sud. Perché al Sud si può restare, ma soprattutto si può ritornare.

 


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