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Tutti con Libera, per fermare l’asta dell’azienda del mafioso
09 Set 2013 08:05

Un migliaio di persone hanno marciato da Monteroni d’Arbia a Suvignano, sulle colline senesi, per dire no alla messa all’asta dell’azienda agricola sequestrata  da Giovanni Falcone al boss palermitano Vincenzo Piazza e confiscata in via definitiva alla mafia nel 2007.

Non vendiamo, se non proprio come estrema ratio, realtà che possono essere la base di un’Italia diversa, impegnata non solo a contrastare le mafie ma a saldare le logiche economiche con la tutela dei diritti, la crescita delle speranze, l’affermazione della giustizia sociale”, ha scritto don Luigi Ciotti in un messaggio inviato ai partecipanti alla manifestazione. Per l’azienda Regione Toscana, Provincia di Siena e Comune di Monteroni d’Arbia, insieme ad Arci e Libera, avevano presentato nel 2011 un progetto di recupero che coniugasse sviluppo agricolo, lotta per la legalità e tutela del territorio, ma il 21 agosto l’Agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati ha deciso di mettere in vendita la tenuta di 700 ettari su base d’asta di 22 milioni di euro.

Chiediamo quanto prima al Governo di riattivare il tavolo per portare in fondo dopo 20 anni di sequestro la vicenda di Suvignano – ha sottolineato il sindaco di Monteroni d’Arbia Jacopo Armini -. Sembra ci siano spiragli”. Il riferimento del sindaco è all’apertura annunciata dal viceministro degli Interni Filippo Bubbico che, secondo quanto riferito dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, “ha confermato la disponibilità a riconsiderare la decisione di mettere all’asta la tenuta di Suvignano”.

Sarebbe già stato fissato un incontro con il viceministro per l’analisi del progetto presentato dagli enti locali. Alla marcia oggi ha preso parte anche il figlio di Pio La Torre.

“Il rischio che Suvignano torni nelle mani della mafia c’è – ha detto Franco la Torre – perché la criminalità organizzata dispone di ingenti capitali, gli stessi che consentirono oltre 30 anni fa al mafioso Piazza di riciclare il denaro per acquistare questa azienda. Se fosse ancora vivo mio padre. oggi sarebbe qui a marciare con noi”. Per Rosy Bindi, tra i partecipanti, ”l’idea di mettere all’asta l’azienda rappresenta un tradimento della legge del ’96 sul riutilizzo dei beni confiscati alla mafia”. E il sottosegretario alle Infrastrutture Erasmo D’Angelis ha assicurato tutto il suo impegno per evitare la vendita all’asta dell’azienda.


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