';

21 marzo: San Benedetto la rondine sotto il tetto
21 Mar 2020 12:40

Quando ero ragazzo il 21 marzo era un giorno di festa a casa mia, a casa dei miei genitori.

«San Benedetto la rondine sul tetto», diceva mia madre. Avrei scoperto più tardi che la rondine era sotto il tetto e non sul tetto, differenza di poco conto però perché il significato era lo stesso: l’inizio della primavera e anche l’onomastico, per noi del sud l’onomastico è più importante del compleanno, di Benedetto, il papà di un collaboratore di mio padre.

Benedetto era un uomo della plebe, apparteneva a quella parte della società senza istruzione e senza diritti, padre di quattro figli. Era un appassionato di ciclismo, come moltissimi a quei tempi, ed era lui stesso un ciclista amatoriale. La sua bicicletta da corsa era l’oggetto più prezioso e costoso che possedeva. Con la bella stagione “usciva” tutte le mattine e i racconti di queste uscite riservavano sempre delle sorprese. Sembrava che tutto accadesse lungo il tragitto che percorreva, presenza pericolosa di animali selvatici, furti, incidenti, rovesci temporaleschi. In quel breve tratto di strada che separava Foggia da Manfredonia accadeva di tutto, in particolare dopo il bivio per San Giovanni Rotondo, quando iniziava la mitica salita di Santa Lucia.

Lì il suo raccontare assumeva una dimensione epica e la strada sembrava s’inerpicasse così in alto da essere quasi al Tour de France sui tornanti del Tourmalet.

Non aveva studiato, forse non aveva fatto nemmeno la prima elementare, e dava del Voi a tutte le persone che non appartenevano alla sua condizione sociale.

Ogni volta che lo vedevo gli chiedevo qual era il suo lavoro perché mi piaceva la sua risposta, il suono della sua risposta: muratore faccia a vista, mi rispondeva, sorridendo.

Nel suo lavoro era molto stimato, una sorta di capo muratore e se lo contendevano in molti. In quegli anni, la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, non c’erano operai specializzati che venivano dall’Est e gli operai erano tutti autoctoni. Non tutti però erano in grado di fare lavori di precisione come è richiesto a chi deve fare finiture di pregio e in questo Benedetto era insuperabile.

A volte mi fermavo a mangiare a casa sua. Una casa modesta alla quale si accedeva con una lunga scalinata che portava ad un piccolo patio. Sulla sinistra la porta, in legno, del bagno che era fuori della casa, sulla destra l’ingresso all’abitazione. Due stanze comunicanti, senza corridoio. La prima fungeva da cucina e camera da letto per i figli, la seconda era la camera matrimoniale. Il tavolo da cucina era libero solo da due lati. Il lato che dava verso il lavandino e i fuochi e il lato corto che era prospicente la credenza. Per pranzare ci si sedeva anche sul letto che era il secondo lato lungo del tavolo. Il quarto lato era appoggiato al muro sotto l’unica finestra della camera.

Una condizione davvero umile, oltre la povertà. Quei pranzi li ricordo però come una delle cose più belle della mia infanzia. C’era sempre un’aria di festa e loro, tutti, erano sempre molto contenti di poter ospitare, nella loro casa, il figlio di Oreste.

Quando eravamo ragazzi il 21 di marzo iniziava la primavera. Si voltava pagina. L’inverno non c’era più e la bella stagione era annunciata dalle rondini e dalla finestra della nostra cameretta, mia e di mio fratello, che mia madre a partire proprio dal 21 di marzo spalancava alle sette in punto tutte le mattine. Per strada un mare di persone. Ci si preparava alla Pasqua. Le ragazze compravano vestitini nuovi per lo struscio dei giorni di festa, i ragazzi i giubbotti di renna, passaggio dal cappotto ad un abbigliamento estivo.

Anche oggi è il 21 marzo e anche questa mattina ho sentito le rondini così come le sentivo tanto tempo fa. Per strada non c’era nessuno. Non ho incontrato persone lungo il percorso che ho fatto per andare al lavoro. Nessuno. Solo un uomo che portava la sua casa con se su una bicicletta e parlava, ad alta voce, da solo.

Mi sono fermato, ho parcheggiato la macchina e l’ho guardato fino a quando mi è stato possibile seguire il sui passi con lo sguardo.

Ero all’altezza del tribunale e sulla mia destra, in fondo oltre un parcheggio, vuoto, e un cantiere, il Giardino incantato di Franco Summa.

Non lo avevo mai visto da qui, anche se ci passo tutte le mattine.

Dietro le sbarre, come fosse in prigione. Quei colori e quella gioia contagiosa che sempre trasmettono, come imprigionata, chiusa, impossibilitata a trasmettere felicità.

Didascalia foto: In fondo, il Giardino Incantato di Franco Summa

In fondo, il Giardino Incantato di Franco Summa

Non fosse per questa condizione di sospensione che tutti stiamo vivendo e per questa città desolatamente vuota non me ne sarei mai accorto e, forse, non avrei mai fatto questa riflessione.

Ognuno di noi di noi in questi giorni sta riflettendo. Magari convive con la paura, ma questo silenzio, questa sospensione della modernità, ci costringe a riflettere. Tutti, quelli che hanno studiato e quelli che non hanno studiato. O Bbuono E ‘O Malamente, cantano gli Almamegretta.

Anche oggi è il 21 marzo e anche oggi vale il detto San Benedetto la rondine sotto il tetto.

San Benedetto che Paolo VI proclamò Patrono D’Europa il 24 ottobre del 1964, più o meno gli anni in cui ha avuto iniziato la piccola storia che ho raccontato.

Lo storico Jacques Le Goff a proposito di San Benedetto ha detto: «Dovremmo domandarci a quali eccessi si sarebbe spinta la gente del Medioevo, se non si fosse levata questa voce grande e dolce».

Con l’aiuto di tutti, dell’Europa innanzitutto, di noi stessi e, per chi è credente, anche con l’aiuto di San Benedetto, speriamo che si ritoni presto a stare di nuovo tutti insieme, all’aria aperta, al mare, in montagna, nelle città. Con occhi nuovi, con uno spirito nuovo, con la voglia di cambiare il mondo in meglio. Soprattutto, insieme.


Dalla stessa categoria

Lascia un commento