';

Abbiamo bisogno di una rivoluzione per salvare il Pianeta
14 Feb 2015 07:52

Il passaggio di Naomi Klein in Italia è stata l’occasione per tornare a parlare di cambiamenti climatici e giustizia ambientale e sociale: temi di estrema attualità che purtroppo sono spesso assenti nel dibattito politico del nostro Paese sempre più autoreferenziale ed avvitato su se stesso.

La scrittrice canadese, autrice del best-seller “No Logo”, ha chiuso il suo giro italiano lo scorso 4 febbraio a Roma, presso l’Auditorium Santa Croce al Cantiere Rigenerazione Urbana Spin Time, per la presentazione del suo nuovo libro “Una rivoluzione ci salverà – perché il capitalismo non è sostenibile”, edito da Rizzoli.

Moltissime persone sono arrivate per ascoltare la Klein che ha aperto il suo intervento partendo da una domanda che tutto il movimento ambientalista si pone da anni: “Se tutto il mondo scientifico è ormai concorde sulla gravità dei rischi derivanti dai cambiamenti climatici, perché il mondo politico non mette in atto serie politiche per contrastarli?”.

E in effetti è disarmante vedere anno dopo anno il fallimento dei vari summit sul clima che o si chiudono con un nulla di fatto o, quando va bene, riescono ad ottenere risultati molto modesti con obiettivi ed impegni ben al di sotto di quanto sarebbe necessario.

La Klein è molto diretta nell’analisi: il modello capitalistico non sarà mai in grado di rispondere all’emergenza climatica (in questo il titolo originale del suo libro è molto chiaro: “This change everything – Capitalism VS the Climate”).

Invertire la rotta richiede un cambiamento strutturale rispetto al modello economico attualmente imperante. E paradossalmente, invece, proprio nel momento in cui i cambiamenti climatici hanno iniziato a manifestarsi in maniera sempre più evidente, l’impostazione globale seguita è stata quella di tagliare i finanziamenti ai settori della tutela ambientale e/o di procedere alla privatizzazione di quelle aree su cui maggiormente si sarebbe dovuto intervenire (trasporti, energia, rifiuti, ecc.).

Nulla di ideologico nelle considerazioni fatte dalla Klein e nessuna identificazione pubblico = buono, privato = cattivo: semplicemente il constatare che se è difficile per i cittadini farsi ascoltare dai rappresentanti che si scelgono attraverso il voto, diventa praticamente impossibile farlo nei confronti di multinazionali che hanno come unico scopo la ricerca del proprio profitto.

Un forte elemento di speranza l’Autrice lo ritrova nel diffondersi presso fasce sempre più ampie della popolazione di una nuova attenzione alle tematiche ambientali, a volte quasi in maniera inconsapevole. Illuminante, da questo punto di vista, l’esempio fatto dalla giornalista: i cittadini brasiliani che prima dei mondiali di calcio protestavano contro gli aumenti dei mezzi pubblici per destinare fondi alla costruzione degli stadi rappresentano, probabilmente senza saperlo, dei veri e propri “guerrieri dell’ambiente” perché chiedevano investimenti in un settore, come quello del trasporto pubblico, su cui è indispensabile agire per combattere i cambiamenti climatici.

È ormai sempre più evidente, come ha sottolineato il WWF dopo la Conferenza ONU sul Clima svoltasi a Lima nel dicembre 2014, la netta e grave distanza tra l’allarme e le preoccupazioni dei cittadini e la capacità dei Governi di rispondere in maniera efficace.

E così, dopo il sostanziale fallimento in Perù, gli occhi sono puntati sulla COP 21 di Parigi, prevista per dicembre 2015, dove dovrà concludersi un accordo legalmente vincolante per gli Stati.

E dovrà essere un accordo di alto profilo, basato sulle indicazioni della comunità scientifica e non sui balbettii dei Governi.


Dalla stessa categoria

Lascia un commento