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Centri per l’Impiego inutili? Uno studio di Italia Lavoro e della provincia di Foggia dimostra il contrario
16 Dic 2013 09:21

Con la sua consueta affabilità e bonomia, il commissario della Provincia, dott. Fabio Costantini, mi ha informato qualche giorno fa di aver sollecitato la pubblicazione, sulla rassegna stampa aziendale, di un articolo di Sergio Rizzo, sul Corriere della Sera, sulla presunta inutilità dei servizi pubblici per l’impiego.
Un implicito invito, da parte del Commissario, a leggere, riflettere, e come si usa dire, controdedurre.

Chi scrive si occupa, alla Provincia di Foggia, appunto dei Centri per l’Impiego.

L’articolo di Rizzo in effetti merita attenzione, perché è un concentrato di luoghi comuni e anche di dati sbagliati. La tesi portante del fustigatore della spesa pubblica è tutta racchiusa nel sommario del suo pezzo, intitolato emblematicamente I lavori (a caro prezzo) trovati dallo Stato. “Nei Centri per l’Impiego – si legge – quasi 10mila dipendenti per una spesa di 464 milioni. Ogni anno gli occupati sono appena 35mila: un posto di lavoro costa 13mila euro.”

Se le cose stessero effettivamente così, l’inutilità dei CPI sarebbe conclamata e la conclusione inevitabile: meglio sbaraccarli del tutto, tanto più che siamo alla vigilia della Youth Guarantee, che comporterà una sostanziosa iniezione di danaro pubblico per affrontare il problema drammatico della disoccupazione giovanile.
Senonché l’assunto di Rizzo è sbagliato in partenza. L’articolista muove dalla tesi (infondata) che le funzioni attribuite ai Centro per l’Impiego siano soltanto quelle che riguardano le politiche attive del lavoro. Magari fosse veramente così. La verità è assai diversa.

Nel corso degli anni, i centri sono diventati tutt’altro. Il focus della loro attività è diventato molto più vasto: tanto per dire, assieme all’Inps sono diventati le principali agenzie di gestione degli ammortizzatori sociali. Gestiscono pezzi importanti del programma Welfare to work, con ricadute – come vedremo più avanti – non trascurabili anche ai fini delle politiche attive. In Puglia governeranno, nelle prossime settimane, una fase cruciale degli interventi di Sostegno al reddito disposti dalla Regione a beneficio dei disoccupati usciti dal sistema degli ammortizzatori sociali.

Tanto per far capire ai lettori di che si tratta, i Centri per l’Impiego pugliesi erogheranno a ciascun lavoratore ammesso al beneficio (nella sola provincia di Foggia circa un migliaio) servizi che prevedono anche la redazione del bilancio di competenze, con una previsione di attività pro capite di circa 10 ore.
Rizzo rimprovera ai Centri di non brillare quando si tratta di trovare lavoro, ed è vero, in qualche misura. Ma dimentica quello che i centri fanno per difendere i posti di lavoro. Si può certamente discutere sull’efficacia degli interventi orientati al reimpiego dei lavoratori che sono finiti nel sistema degli ammortizzatori sociali: ma questo è compito che spetta alla politica, e non a chi sta quotidianamente in trincea.

Detto per inciso: non c’è settore della pubblica amministrazione che sia più “controllato” dei Centri per l’Impiego, grazie alla tracciabilità delle diverse attività garantita dal sistema informativo Sintesi. Annualmente viene stilato un report: i margini di miglioramento sono ovviamente molto ampi, e si tratta di obiettivi che vanno perseguiti. Ma dovrebbero bastare queste riflessioni a far rivedere qualsiasi sbrigativo giudizio sulla presunta inutilità dei servizi pubblici per l’impiego.

Ma non è tutto. Perché i dati forniti da Rizzo sono ideologici, e opinabili, anche per quanto riguarda le politiche attive, il lavoro “trovato”, per intenderci.
I Centri per l’Impiego della provincia di Foggia, così come nel resto della Puglia (e suppongo che più o meno la stessa situazione si verifichi in tutto il Paese), sono i principali promotori dei tirocini formativi rivolti ai giovani: non fanno “punteggio” dal punto di vista dei dati che riguardano l’occupazione, ma sono un prezioso strumento di avviamento al lavoro, che vede i Centri impegnati anche sul versante del tutoraggio.

Non è per nulla un caso che proprio nell’articolo di Rizzo venga riportata una dichiarazione del presidente nazionale di Confartigianato Imprese, Giorgio Merletti, in cui si sollecita di destinare “le risorse straordinarie disponibili dal primo gennaio 2014 ai giovani che vanno in azienda a fare tirocini e stages.” Giustissimo, ed auspicabile, ma chi promuoverà i tirocini, chi svolgerà la funzione di tutor?
In buona sostanza, si “oscurano” statisticamente dati significativi di un ruolo che i Centri svolgono già, e con una certa efficienza, per chiedere più risorse allo stesso tipo di intervento (tirocini).

La soluzione della crisi drammatica del lavoro non ha bisogno né di colpi di scena, né di polemiche, ma di una riflessione seria. Merletti sollecita più risorse ai tirocini: ma la Regione Puglia e la Provincia di Foggia non riescono, da diversi mesi, ad assegnare un bel po’ di finanziamenti disponibili per i tirocini formativi nelle aziende, a causa della mancanza di domande e progetti da parte delle imprese.

Probabilmente occorrono strumenti più alti di governance delle politiche attive per l’occupazione. La Provincia di Foggia ci sta provando, con il Patto per il Lavoro che mette assieme istituzioni, imprese, sindacati.

Ultimus, sed non infimus, è il caso di citare un recente studio di Italia Lavoro, che svolge per la Provincia di Foggia una preziosissima azione di consulenza e di supporto.
L’indagine prende in esame gli esiti (ovvero i casi andati a buon fine, con il loro reintegro o il loro reimpiego) di lavoratori percettori di ammortizzatori sociali in deroga presi in carico dai Centri per l’Impiego della Provincia di Foggia dal 2009 al 2012.

L’aspetto interessante dello studio è che utilizza elaborazioni dirette degli avviamenti e cessazioni registrati nelle COB (comunicazioni obbligatorie che le aziende sono tenute a rendere), incrociandoli con i nominativi dei lavoratori interessati. È un dato che normalmente sfugge (e probabilmente non figura nemmeno in quelli presi in considerazione da Rizzo) nelle elaborazioni statistiche che riguardano la capacità dei Centri per l’Impiego di produrre e promuovere occupazione, per la difficoltà di incrociare i dati di stock con quelli di flusso.

Per strano che possa sembrare, di rado i Centri per l’Impiego riescono a sapere se un intervento di orientamento, o una segnalazione, o l’invio di un curriculum è andato o meno a buon fine. Solo incrociando i dati con quelli delle COB è possibile in qualche misura comprenderlo.
La questione rilancia l’annoso problema della necessità di un sistema nazionale unico per la gestione della domanda e dell’offerta di lavoro, del loro incrocio, e via discorrendo: ma questo è un altro discorso.

Veniamo dunque ai dati elaborati da Italia Lavoro. I percettori di ammortizzatori sociali in deroga, presi in carico dai servizi provinciali per l’impiego dal 2009 al 31 dicembre 2012 sono stati 3.698. Gli esiti a buon fine, conclusisi con la stabilizzazione dei lavoratori sono stati 868, con una percentuale del 23,4%. La fattispecie più ricorrente è quella del reintegro presso l’azienda di provenienza, ma non mancano casi di assunzioni a tempo indeterminato o determinato presso altre aziende, assunzioni presso nuove aziende con altre tipologia contrattuali, autoimpieghi.

È il caso di ribadire che l’indagine ha riguardato esclusivamente la platea dei lavoratori percettori di ammortizzatori sociali in deroga: una parte importante ma non esaustiva della utenza dei Centri per l’Impiego.

La Provincia di Foggia sta attualmente studiando assieme ad Italia Lavoro la possibilità di applicare la stessa tecnica di indagine ai dati che riguardano la platea dei giovani in cerca di occupazione che si rivolge ai Centri, incrociandoli a quelli che riguardano i movimenti tracciati dalle COB: la sensazione è che le cifre che ne scaturiranno saranno molto diverse da quelle funeste decantate da Rizzo.


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