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De Rita, le #unionicivili e «l’umore sociale»
14 Ott 2015 13:38

Presidente e fondatore del Censis, Giuseppe De Rita è acuto ed esperto osservatore dei fenomeni e mutamenti sociali.

Presidente De Rita, cosa pensa dell’ultima affermazione del premier Renzi sulla necessità urgente di approvare una legge sulle unioni civili?
«Il problema è comprendere quanto un fenomeno o una realtà sociale sia accettato da un numero maggioritario di persone».

Sulle unioni civili non crede si sia maturata un’evoluzione e una modifica nel modo di pensare tradizionale rispetto a questa materia?
«Non è mai facile capire quanto una legge o una norma siano espressione di un’evoluzione e cambiamento sociale. Molto spesso, infatti, si tratta piuttosto di un grande mutamento di pensiero dell’opinione pubblica».

Una differenza sostanziale?
«Certamente. Su un argomento, ci può essere un ampio consenso dell’opinione pubblica, ma non un altrettanto vasto e corrispondente consenso sociale».

Sulle unioni civili, pensa che ci si trovi di fronte proprio a questo caso?
«Penso che, negli ultimi mesi, ci sia stata una tale mobilitazione dell’opinione pubblica su questo tema da far venire il sospetto che non ci sia altro, in una sorta di accettazione passiva verso ciò che afferma la maggioranza. L’umore sociale potrebbe essere differente».

È convinto che ci sia spesso frattura tra opinione pubblica e consenso sociale?
«Certamente e quasi sempre quando si fa opinione si perde di vista il senso della realtà effettiva. Ragiono naturalmente per analisi di tipo sociologico, per dire che non si può mai avere la certezza che ciò che sostengono gli opinionisti sia poi la loro effettiva interpretazione della società. Non ne esiste la riprova».

Neanche i sondaggi sono attendibili, a fornire una fedele interpretazione di ciò che pensa la società?
«I sondaggi assumono a volte valenza incredibile. Viene il sospetto che l’intervistatore tenda a far dire all’intervistato ciò che si aspetta dica. E che, alla fine, l’intervistato risponda quello che l’intervistatore vuole. Questo per dire che non mi affiderei alla cieca ad eventuali sondaggi, specie in materia di diritti civili di cui stiamo parlando».

Una legge sulle unioni civili, quindi, non avrebbe la certezza di rispondere al pensiero della maggioranza della società?
«Sarebbe certamente una legge al buio. Nutro qualche dubbio. La gente che legge i giornali non è la società maggioritaria, spesso poi la condivisione su di un tema viene espressa più per indifferenza che per profonda convinzione. Gli esempi nella storia sono molti».

A quali pensa?
«Il primo che mi viene in mente è il Risorgimento. Fu operazione di una opinione pubblica maggioritaria, ma priva di consenso sociale diffuso. E la storia se ne è accorta dopo. Un’operazione elitaria, che ha poi provocato problemi di attuazione proprio per l’assenza di un consenso generale e ampio nella società italiana».


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