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Il disfattismo degli italiani e la sconfitta del Brasile
10 Lug 2014 08:19

All’indomani dell’eliminazione dell‘Italia dai Mondiali, ebbi a scrivere che non c’era da drammatizzare, perché nessuna squadra blasonata si era manifestata all’altezza del torneo e per via dell’inclemenza del clima.

Scrissi che la squadra italiana aveva pagato lo scotto di una partita giocata in Amazzonia e di un match alle 13, match che poteva mettere a rischio la salute dei calciatori.

Segnalai come spunto, l’eliminazione della Spagna, ovvero la squadra più costosa e favorita. Tra l’altro seppellita di goal. Non vedevo perché dovevamo stracciarci le vesti noi.

Definii il torneo del 2014: bizzarro quanto frutto di casualità. Dopo aver visto deludere tutte le squadre. A partire dal Brasile.

Ebbene, il seguito, ad eliminazione diretta, mi ha dato ragione. Tutti sono andati avanti ai supplementari o ai calci di rigore.

L’Algeria, nel primo tempo, ha surclassato la Germania, meritando il vantaggio. Poi ha perso ai supplementari, ma i tedeschi hanno goduto di un goal subitaneo nella frazione aggiuntiva.

Il Brasile, con il Cile, ha rischiato di uscire agli ottavi, quando Pinilla sul finale dei supplementari, “rompe” una traversa. E gli Olandesi devono molto al loro portiere in seconda, un para-rigori che entra al 121°.

L’Argentina, poi, batte di misura il Belgio, in una partita che ha dimostrato, sommata alle altre, che Messi non può competere con Maradona.

Un mondiale scialbo, che dimostra una crisi del calcio mondiale ed, appunto, uno strano fattore di casualità.

Il sigillo a questa tesi è il risultato della partita tra Brasile e Germania.

E’ come se Valentino Rossi, nel pieno della sua carriera, si fosse classificato quindicesimo in un gran premio. Senza problemi meccanici o di altra natura. Impossibile.

Eppure il Brasile ha preso sette goal.

Nessuno può pensare che ci siano più di due reti di scarto tra la squadra verde oro ed i Tedeschi. Ed è già tanto.

Se così non fosse, dovremmo pensare che l’Algeria dovrebbe rifilare con tranquillità quattro reti alla squadra di Naymar.

Pensiero originale.

Torniamo, quindi, al concetto di un torneo che verrà archiviato come il più bizzarro della storia del calcio. Dove ogni pronostico è stato carta straccia.

I motivi li cercheremo con calma. Ce ne sono tanti. A partire dal livellamento del calcio dovuto alla globalizzazione delle squadre di club.

Ormai è un fenomeno ben strutturato.

Si cerca il campioncino di dodici anni, in ogni dove del pianeta, lo si crea giocatore e poi lo si consegna alla sua nazionale. Sia essa la Colombia, il Cile o il Giappone.

Si trasmette, dunque, scuola calcio dal Brasile, Italia, Inghilterra, Olanda, Germania, Argentina, in ogni nazione. Per poi incontrarci e competere tra compagni di squadra di club.

E dopo un paio di decenni di “scambi” sistematici, abbiamo creato quindici nazionali di buon livello.

Sino agli inizi del 2000, i tornei demarcavano distanze siderali tra gli Stati Uniti ed il Brasile, ora è tutto in gioco.

Lasciamo, dunque, in pace Prandelli ed i nostri calciatori. Lo dissi allora, lo ripeto con fatti certi ora.

Siamo un popolo, nel campo del calcio, disfattista.

Tutto ciò deriva dall’emotività, che non porta buoni consigli.

Se in questo Mondiale, quasi tutto è andato al di là della logica, vuol dire che qualche attenuante ai nostri possiamo darla.

Mi ripeto: a 18 gradi avremmo passato agevolmente il turno. E la classe di Pirlo, Insigne, Verratti e Cassano, qualche partita in più ce l’avrebbero regalata. I nostri giocatori sanno esaltarsi con l’addentrarsi nei tornei.

Non ci dimentichiamo che siamo quelli che hanno battuto la Germania, agli ultimi Europei, meritatamente.


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