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La farsa di Crocetta mentre la Sicilia è al collasso
10 Set 2014 07:16

Le note vicende che stanno coinvolgendo l’opinione pubblica della nostra isola ed animando il dibattito politico degli ultimi mesi impongono una seria riflessione e una valutazione in merito agli atteggiamenti e ai comportamenti del Governo Crocetta e del Pd siciliano.

Correva l’anno 2012 quando Rosario Crocetta, candidato alla Presidenza della Regione Siciliana, riuscì a far ritornare la speranza a tutti noi per un riscatto dei siciliani e della nostra terra.

Ci avevamo creduto ma a quanto pare la frase celebre del principe di Salina e della Sicilia borbonica al tramonto, “tutto cambia affinchè nulla cambi”, ritorna ad essere più attuale che mai.

L’entusiasmo iniziale di questa candidatura, non solo di Crocetta ma di ognuno di noi, non è durato a lungo perché la Sicilia resta in una situazione di stallo pericoloso. Tanti gli slogan lanciati dal Presidente ma questo Governo, purtroppo, non ha fatto seguire i fatti alle parole.

Basti pensare alle nomine di commissari, dirigenti, collaboratori che sono in perfetta continuità con il passato e gli ex Governatori; la promessa non mantenuta di trasferire i dirigenti, responsabili di aver fatto perdere alla Sicilia i fondi strutturali dell’Europa; la vicenda della Formazione Professionale che ha lasciato i lavoratori in balia di se stessi in attesa degli stipendi, della pubblicazione dell’Albo unico, del definanziamento degli Enti che hanno commesso gravi irregolarità, del rispetto dei diritti dei lavoratori e della famosa Riforma del settore; la vicenda irrisolta dei 23 mila precari degli enti locali; i 196 milioni di euro spesi per gli stipendi dei dipendenti dell’assessorato regionale ai Beni culturali contro i 490 mila erogati per le attività di conservazione; la riduzione dei costi della politica; le gare d’appalto poco trasparenti, e tanto altro ancora.

Perfino la barzelletta sulla riduzione dello stipendio dello stesso Presidente suona come una farsa, considerato che lui afferma di aver ridotto a 81 mila euro il suo stipendio ma dimenticando di dire che va sommata all’indennità di Presidente quella di Parlamentare regionale (all’incirca 230 mila euro), arrivando ad una cifra complessiva di 313 mila euro all’anno.

Insomma alla fine anche quella di Crocetta si sta rivelando molto simile alla vecchia politica degli annunci, che in Italia ha una lunghissima e solida tradizione.

E intanto la Sicilia è al collasso. La Sanità è da quarto mondo, i rifiuti assediano i centri urbani, l’istruzione è ai livelli più bassi del Paese, la disoccupazione, soprattutto quella giovanile e femminile, e la povertà dilagano all’impazzata. L’agricoltura, un settore importante per l’intera economia siciliana e cavallo di battaglia durante la campagna elettorale del Presidente, rischia di morire. I Comuni sono al collasso e di conseguenza i servizi dei cittadini in pericolo.

Ma questo Governo regionale, un po’ come quelli precedenti, non è imbarazzante solo per la mancanza di capacità di cogliere le istanze e di risolvere i problemi che affliggono e mortificano la nostra amata isola ma anche perché continua a farci pagare i ritardi di una burocrazia raccapricciante, le incompetenze e le inefficienze di chi è alla guida di questa sorta di “rivoluzione” siciliana.

Il lavoro che è il paradigma del cambiamento, il crocevia delle trasformazioni sociali, è inesistente. Completamente inesistente. E non si può pensare, a proposito del tanto discusso Piano Giovani, che il modo per affrontare la spinosa questione della disoccupazione giovanile è un piano basato su progetti a scadenza breve che al posto di creare opportunità crea precarietà a lungo termine.

La Sicilia è senza futuro proprio perché negli ultimi trent’anni si è pensato ad una politica di assistenzialismo e non di progettualità lungimirante, di costruzione delle basi per garantire un futuro alle nuove generazioni. Queste forme di assistenzialismo sono il male peggiore.

Per non parlare dell’emergenza “immigrazione” dimenticata da questo Governo. I Sindaci stanno affrontando la gestione di tale fenomeno da soli, senza alcun sostegno. La protezione civile e i tanti volontari garantiscono un’accoglienza adeguata e all’altezza di un popolo solidale e caloroso, nonostante scarseggiano i mezzi e le risorse economiche che in certi casi sono totalmente assenti.

Insomma, senza entrare nel merito delle singole questioni, che meriterebbero dei capitoli a parte, sono convinta che siamo di fronte ad un Governo senza meta, come una nave smarrita nel profondo dell’oceano che imbarca acqua da tutte le parti.

Eppure affrontare, senza prove d’appello, l’incertezza dei nostri tempi con il coraggio dell’iniziativa, con la competenza nelle scelte, con l’entusiasmo di chi è disposto a mettersi in gioco – ben sapendo che la crisi che stiamo vivendo è anche una crisi di valori in cui crediamo e per i quali riteniamo giusto lottare – è un dovere civico, prima ancora che politico.

E le responsabilità di tale disastro sono ascrivibili a tutti, non solo al Presidente Crocetta ma anche alla classe dirigente del Pd. Ci stiamo giocando il futuro dei siciliani tra chi pretende di governare da solo – senza confrontarsi con chi ha contribuito alla sua elezione – e chi pretende di risolvere i conflitti con il Governo attraverso continui ed inutili rimpasti in giunta necessari solo a “sistemare” amici e compagni.

A che servono questi rimpasti se non si ha un programma chiaro da cui ripartire per ricostruire le basi di una Sicilia che stenta a vivere?

Il progetto del Pd è stato interpretato miseramente come foglia di fico per coprire non si sa bene quali misfatti. In questi mesi, a parte la convocazione degli Stati generali che a poco serve se ad intervenire sono solo i deputati regionali, si è parlato solo di rimpasto. Non siamo riusciti ad affrontare, con un ampio dibattito, i problemi che attanagliano i nostri territori. Da alcuni membri della Segreteria nazionale abbiamo ascoltato solo parole e a parte qualche posizionamento di fedelissimi all’interno degli assessorati è stata creata molta confusione.

Non c’è stato confronto con i nostri amministratori che vivono quotidianamente le problematiche territoriali; ci si è dimenticati di coinvolgere tutti i militanti, anche per le scelte importanti, in merito alle questioni che riguardano il partito e il Governo regionale. Nel frattempo, nell’assoluto silenzio, coloro che si ritengono “classe dirigente” seria e competente sono stati impegnati, sempre senza consultare la base, a sancire accordi con forze di centro destra creando strane e discutibili alleanze.

Alla luce di tutto ciò credo che il Pd siciliano soffre di un deficit di democrazia e di scompaginamento della propria storia. Quella storia che riconosce, esprime e valorizza passioni politiche impegnate alla costruzione di un progetto basato sui valori della dignità della persona, della libertà e della responsabilità, dell’eguaglianza, della giustizia, della legalità e della solidarietà. La storia di un partito che dovrebbe avere un’identità politica riconoscibile, chiara, con radici forti e con lo sguardo rivolto al futuro e, in modo particolare, alle nuove generazioni.

Il tempo in cui viviamo impone un cambiamento di rotta che deve necessariamente partire dal rinnovamento del modo di fare ed intendere la politica. La linea politica che porta alla realizzazione di un progetto ambizioso del cambiamento deve passare dal nostro partito, dai suoi territori e dai suoi dirigenti e militanti. Il partito Democratico deve essere una palestra di pensiero e di persone al servizio della riscossa civile, politica, culturale ed economica del nostri territori.

Abbiamo una grande responsabilità: dare alla Sicilia un Governo guidato da persone competenti con un profilo professionale adeguato, con comportamenti etici-morali indiscutibili, capaci di rispondere ai bisogni della nostra terra.


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