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Amazon sfida Spotify ma a perderci è sempre la musica
08 Dic 2019 16:38

È di pochi giorni fa la notizia che Amazon prova a dare una svolta al mercato dello streaming musicale offrendo il servizio Amazon music gratuitamente a tutti

Questo vuol dire che nel giro di 12-24 mesi, posizione dominante per le applicazioni di streaming della musica di Spotify sarà messa a dura prova non solo dall’azienda di commercio elettronico statunitense ma anche da Youtube con la sua piattaforma Youtube music che, dalla sua prima versione datata 12 novembre 2015, ha fatto passi da gigante

Digital store

Tutti questi sviluppi sul mercato della apps per streaming, però, non darà nessun vantaggio a chi crea musica,. Infatti tutti autori e cantautori, oltre ad interpreti e artisti che pubblicano la loro musica ricevono,, a tutt’oggi, lo 0,00000001 di euro per ogni ascolto anche perchè i Digital store non tengono conto degli utenti “free”, coloro che non acquistano nessun abbonamento ed utilizzano le applicazioni per lo streaming in versione gratuita.

Ricordiamo che a marzo 2019, in un incontro in cui Soundreef, SIAE e l’ormai ex ministro alla cultura Bonisoli, sì parlo anche del diritto d’autore e delle royalty derivanti dall’ ascolto in streaming; nulla è stato fatto neanche presso la comunità europea per dare ciò che è un diritto per autori e artisti che continuano a creare a distribuire la propria musica attraverso tutti i Digital store.

Il diritto d’autore

L’assenza di dialogo tra i Digital store e chi dovrebbe difendere il diritto alla creatività è intercorso in questi 9 mesi se escludiamo che qualche società di collecting nata per difendere il diritto d’autore ha già firmato convenzioni per raccogliere le royalties derivanti dagli ascolti. (Leggi anche “Soundreef e la rivoluzione dei diritti d’autore tutelati sul web”).

Questa continua mancanza di dialogo tra i soggetti interessati e la difesa del diritto d’autore a chi viene eletto a rappresentare il popolo nelle istituzioni sta mettendo a serio rischio la musica, soprattutto quella italiana, rischiando in un giorno neanche tanto lontano di poter ascoltare soltanto prodotti dell’industria discografica mondiale.

La morte della “musica fisica”

Sedici anni fa, abbiamo assistito allo sdegno delle major che si lamentavano del web come strumento per accedere alla musica con la morte della “musica fisica” con cd, vinili & co.
La domanda che mi pongo è perchè adesso non agiscono contro i Digital store per difendere ciò che è di diritto come le royalties. La domanda è lecita visto che il web ha cambiato il modo di accedere alla musica.

Dal fenomeno Napster (1999), il web ha educato in maniera errata e mortale l’utente ad accedere gratuitamente alla musica come se potesse essere sempre gratis. (Leggi anche “Il web e la rivoluzione nel mondo della musica”).

L’iter per difendere la musica

Questo ha fatto sì che un utente finale, pagando anche un abbonamento sui Digital store, limitasse al massimo la spesa per ascoltare buona musica o musica senza sapere però che ciò che arriva economicamente agli artisti stessi è una cifra così ridicola che non è valida neanche per prendersi un caffè.

Non possiamo che sperare che la Comunità Europea si dia da fare accelerando, e in maniera sostanziale, l’iter per difendere la musica prima che questa diventi soltanto un prodotto fatto da chi ha economicamente la possibilità di perdere ogni volta.


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