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Chi sbarca all’aeroporto di Palermo può vedere i ‘Codici’ del 700
12 Ago 2016 08:00

I Codici venuti dal Mare esposti nella sala imbarchi dell’aeroporto di Palermo Falcone Borsellino.

L’iniziativa è frutto di un accordo tra la Soprintendenza del Mare dell’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana e la Gesap, la società di gestione dello scalo aereo palermitano, ed è finalizzato alla divulgazione e promozione del patrimonio culturale sommerso, sin dall’arrivo nel Terminal.

Il prestigioso reperto del XVIII secolo, in pelle di razza, ripescato nel luogo dove è stato trovato il famoso Satiro Danzante, è stato presentato il 4 agosto scorso in aeroporto dal Soprintendente del Mare Sebastiano Tusa, dal presidente e dell’amministratore delegato della Gesap Fabio Giambrone e Giuseppe Mistretta e da Alessandra De Caro, responsabile dell’Unità Operativa II Divulgazione e promozione del patrimonio culturale sommerso, Museo del Mare – Arsenale della Marina Regia.

Il Codice da 40 pagine è custodito in una teca allestita nei pressi del gate 15. In un’altra teca invece c’è il foglio unico di oltre tre metri in pelle di razza. I passeggeri potranno osservare da vicino tutta la bellezza dei rari reperti.

Lo spazio espositivo è corredato da una campagna di comunicazione e di tutte le informazioni sul reperto, dal suo ritrovamento nei fondali del Canale di Sicilia agli studi e alla conservazione.

L’aeroporto – che attualmente ospita due fedeli riproduzioni (le opere autentiche sono conservate al Museo Salinas, recentemente aperto al pubblico) de la Pietra di Palermo e della piccola Metopa da Selinunte – si arricchisce così di un altro spazio dedicato ad opere e reperti storici, con lo scopo di creare in anteprima un percorso del patrimonio storico/culturale dell’Isola.

Un altro tesoro di particolare e singolare natura ci viene restituito dal Canale di Sicilia e dalla marineria di Mazara del Vallo, che adesso e possibile ammirare anche in aeroporto – ha detto il Soprintendente Tusa – grazie ad un rapporto proficuo che la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana è riuscita a tessere, evitando la dispersione di un patrimonio immenso e fondamentale per la conoscenza della comune civiltà mediterranea”.

Siamo certi che l’iniziativa piacerà ai viaggiatori – hanno commentato Giambrone e Mistretta – perché lo scalo aereo rappresenta la vetrina del territorio. Stiamo lavorando a un progetto per la creazione di una mostra permanente all’interno del Terminal, di ciò che i turisti potranno osservare visitando l’Isola, ricca di storia, arte e cultura”.

IL REPERTO

Nell’estate del 2008, non lontano dal luogo dove era stato trovato il Satiro Danzante, colui che aveva recuperato la prestigiosa statua bronzea, Capitan Ciccio, al secolo Francesco Adragna, riportava alla luce da circa 450 metri di profondità un codice, così definito in quanto composto da bifogli assemblati in modo da formare un vero e proprio libro composto da 30 fogli.

Non vi è traccia alcuna di scrittura sulle pergamene costituite da pelle di capra o di pecora. Pertanto pensiamo che si tratti di fogli assemblati, pronti per essere scritti e quindi presenti su una nave che li trasportava come merce da commerciare o come pergamena pronta all’uso per l’armatore o il capitano.

Che si trattasse di oggetto da commerciare risultò più verosimile in seguito alla scoperta che avvenne dopo qualche mese, nello stesso spazio di mare, ad opera dello stesso Adragna, di un reperto simile ma notevolmente più raro ed interessante.

Questo secondo codice (quello esposto all’aeroporto) è composto da 40 fogli di formato oblungo dei quali alcuni uniti in bifogli, altri assemblati in un unico blocco piegato a soffietto dalle eccezionali misure di cm 320×30. Anche in questo caso non vi era alcuna traccia di scrittura sui fogli.

La peculiarità di questo secondo codice non risiede solo sul tipo diverso di assemblaggio dei fogli, ma, soprattutto, nella diversa natura della pelle. Si tratta, infatti, di pelle di una razza che vive esclusivamente nei mari del Sud America.

Approfondendo l’analisi di questo singolare rinvenimento siamo giunti alla conclusione che trattasi di una pelle utilizzata soprattutto in Francia nel ‘700 per realizzare oggetti di lusso ed ornamenti sia domestico che personale.

I due reperti provengono verosimilmente dal medesimo relitto che, a giudicare dalle datazioni effettuate, dovrebbe datarsi al XVIII secolo.

Saremmo, pertanto, di fronte ad un vascello che, tra le altre mercanzie al momento ignote, trasportava anche questo prezioso materiale destinato ad alimentare il mercato del lusso di allora.

La diagnostica ed il restauro dei due “codici”, con il coordinamento della Biblioteca Centrale della Regione Siciliana A.Bombace, sono stati eccellentemente eseguiti presso i laboratori dell’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario del Ministero per i beni e le attività culturali, che si è avvalso della collaborazione del CEDAD di Salerno per le datazioni e dell’Università di Firenze per le analisi sul DNA.


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